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Pindaro, quei campanari dei Greci suoi coetanei si deliziavano tanto all'armonia dei suoi versi, che incisero in lettere d'oro tutta una sua lunga ode, la Olimpica VII, sulle pareti del tempio di Atena Lindia. Ma il Wilamowitz, quello che scuopre le fonti d'Eschilo negli stornelli di Lamporecchio, e che è professore all'Universit

Il Wilamowitz, il quale sa che al mondo non c'è effetto senza causa, dice che la fanciulla è indotta alla repentina esclamazione dalla circostanza che l'occhio le cade sopra l'idolo di Apollo, suo innamorato e causa prima delle sue sciagure; idolo di Apollo, il quale era poi un cono di pietra, il quale in origine era un paracarri, e si poneva innanzi ad ogni casa, come ci hanno insegnato i nuovi frammenti di Menandro.

Io Questa è proprio gemella del sangue di porco del Blass, degli stornelli di Lamporecchio messi sul labbro a Clitennestra dal Wilamowitz, e all'uccellin volò volò del von Keck, denunciati dall'amico mio nel volume ch'io ti dissi. Ma come spieghi tu tali aberrazioni? Io Un'ultima domanda, e non t'importuno piú. Non mi pare che tu dimostri in genere molta simpatia per i tedeschi.

Ma insomma, il caso potrebbe anche aver giuocato un brutto tiro alla povera Corinna; e io voi ci arrischieremmo a pronunciare ancora un giudizio. A Wilamowitz questo coraggio non manca. I discorsi di Pindaro non gli vanno giú ; ma questa pappolata dell'ignoto profeta di Corinna proprio gli rifinisce: e fa alla signora poetessa tanti bei complimenti.

Il Wilamowitz, come ho detto, offre di questa scena una interpretazione sua: e per apprezzare questa interpretazione, bisogna che rileggiamo insieme tutta la scena. Riferisco la mia versione. Esce dalla reggia, e si rivolge a Cassandra. Entra tu pure. Dico a te, Cassandra.

Il Wilamowitz, dunque, ha pubblicato, pochi mesi fa, un grosso volume di interpretazioni eschilee; e nella prefazione scrive queste sacrosante parole: «L'interprete d'un'opera d'arte deve fare ben piú che spiegare parole e proposizioni: egli deve sentire simpaticamente col poeta, deve sentire l'opera e il poeta come qualche cosa di vivo, ed insegnare agli altri a sentire». Benissimo!

Proprio quello che io vado ripetendo da oltre un decennio ai wilamowitziani d'Italia, i quali rimarranno adesso un po' male, sentendo queste parole pronunciate dal loro idolo. Benissimo! Ma come sente poi il Wilamowitz? Come insegna a sentire? Del suo volume mi occupo altrove, lungamente . Qui, a conclusione di questo gi

EMILIO TEZA, introduzione alla sua versione della 1.ª Pitia. Traduco alla lettera, dal testo pubblicato ed integrato dal Wilamowitz, Berliner Klassikertexte, Heft V, Zweite Hälfte , pag. 32 sg. Il testo è qui troppo lacunoso, e però abbandono il Wilamowitz.

Questo canto e le parole di Clitennestra sembrano al Wilamowitz una sola cosa; onde egli induce dalla somiglianza non so qual profondo misterioso rapporto; e scrive, senza paura: «Io credo fermamente che i carmi convivali o i canti popolari greci offrissero qualche cosa di simile.

Sapete che cosa ha inventato il Wilamowitz? Nei Canti popolari Toscani ha letto i seguenti versi: L'è rivenuto il fior di primavera, l'è ritornata la verdura al prato: l'è ritornato chi prima non c'era, è ritornato il mio 'nnamorato: l'è ritornata la pianta col frutto, quando c'è il vostro cuore, il mio c'è tutto: l'è ritornato il frutto con la pianta; quando c'è il vostro cuore, il mio non manca: l'è ritornato il frutto con la rosa; quando c'è il vostro cuore, il mio riposa.