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Aggiornato: 27 maggio 2025
Nè tu, dolce amor mio, saprai gli affanni De la bella Isolina? Io, quando i cari Giorni ripenso, che l'amor ne diede Tutti sparsi di luce, e la promessa, Che a l'incerto avvenir m'obbliga il petto; E il ciel rigido miro, e con le cento Ali del mio desir navigo il mare, Calar veggio dal ciel, sorger dai flutti Tanti negri fantasmi; un'infinita Pena, un'angoscia indefinita e nova S'apre ne l'ondeggiante anima, e a' mesti Casi pensando de la pia fanciulla, Tremo nel cor, chiamo il tuo nome, e piango. Giovinetta infelice! Un cheto e lieve Raggio di fuggitivo astro parea Nei passi suoi; fior di dolcezza ell'era Negli sguardi e nell'alma; ala odorata Di vespertino venticello estivo Somigliavan sue voci, e chiaro e santo Era l'amor, che le accendea la vita. Un giovinetto da la lunga chioma, Esile e mesto e tutto alma negli occhi, Era il dolce amor suo: povero ed egro Vaneggiator, che le natíe contrade E la terra dei suoi padri e le sante Braccia materne abbandonava; e il nero Vuoto d'amor, che gli s'apría nel petto, Empía d'inclite forme illuminate Da la fiamma de l'Arte. Un giorno, ei vide La belt
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