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Allora il Palavicino si provò a scuoterlo da quello stupido letargo, e fattosi dire dal custode il nome di colui, lo chiamò ad alta voce. Il Valacco piegò un momento la testa. Sai tu perchè sei qui? gli domandò il Palavicino. Il Valacco stette un momento cogli occhi fissi in chi gli aveva fatta quella domanda, poi rispose: Credo bene di saperlo. E a che pensi tu adesso?

Legato a ciascun letto con una grossa catena che poteva esser lunga forse tre passi un uomo. La foggia dei vestiti, benchè diversi l'uno dall'altro, pure li dava a conoscere per soldati. Accostandosi poi a ciascuno di essi, non si durava fatica a conoscere che non appartenevan tutti ad una nazione medesima. Ed erano infatti due Piccardi, un Valacco, un Italiano.

Verso quel tempo, eran giunte novelle dall'ultimo confine dell'Ungheria alla nostra famiglia: una lettera sgorbiata di grossi uncini e arpioni, in un linguaggio somigliante più al turchesco e al valacco, che all'italiano, ch'era stata scritta da un dabben sergente transilvano a nome di Rocco; il quale per la prima volta, dopo lungo tempo, faceva saper ch'era vivo a' buoni amici suoi.

Nel frattempo che il Palavicino s'intratteneva innanzi al letto del Valacco, il condannato che gli stava rimpetto, non si ristava pur un momento dall'agitare e dallo scuotere le sue catene furiosamente, mutandosi e rimutandosi or sull'una, or sull'altra gamba cambiando ad ogni tratto postura gestendo, parlando ad alta voce; egli solo, in quel camerotto, faceva tanto rumore quanto ne poteva fare un'intera compagnia di lancieri.

A questa carogna di custode, il quale mi ha dato del pessimo lardo che non si può masticare. Faresti assai meglio a pensare a quello che sarai tu domani, gli disse allora il custode. Il Valacco crollò più d'una volta la testa, poi disse: Capisco quel che vuoi dire. L'uomo che venne qui un momento fa, tutto bigio come un bufolo del Niester, credo bene che fosse il boja... Era lui di fatto.

Non pareva vero che il Valacco e costui fossero due esseri d'una medesima specie, tanto erano opposte le loro indoli. E qui lo sguardo del Palavicino cadde a caso su d'uno sgorbio fatto sulla parete alla quale era inchiodato il letto dell'Italiano. Era un disegno ch'esso aveva tentato di fare col carbone, il qual disegno era diretto a rappresentare una forca con appesovi un uomo.

Il Palavicino, dopo aver gettata un'occhiata su ciascheduno chiese al custode se avesser deposto altro in aggiunta alla confessione del prima, e avendogli il custode fatto cenno di no, volle accostarsi allora ad uno di essi per tentarlo in qualche modo, e il primo a cui si presentò per combinazione, fu il Valacco.

Il custode avendo detto al duca e al Palavicino che quello era l'Italiano, subito a lui si volsero, vedendo che dal Valacco non era possibile cavare un costrutto. Aveva colui uno straordinario aspetto, capelli neri, lunghi, arruffati che gli adombravano un'alta fronte segnata da spessi solchi; occhi neri, acuti, sinistri, mobilissimi.