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Piangi, o la più gentil fra le convalli Dello spumante Pellice, ove un giorno Alle sale d'Aroldo i Saluzzesi Cavalieri affluìano ad alte feste. Più non vedrai delle sue torri a sera Uscir giulivo il cieco vecchio Aroldo, Caramente appoggiando un braccio e l'altro Sovra Ioffrido e Clara, ed il canuto Ciglio volgendo con amor, ma indarno, Ai dolci rai del tramontante sole. Que' figli suoi nascean gemelli, e santa Tenerezza li univa. Or sola e mesta Clara accompagna il cieco padre a sera Fuor della torre, perocchè il gagliardo Fratel devote ha l'armi alla difesa Del pio Tommaso suo ramingo prence Contro i nemici della patria terra. Rosseggiava bellissimo un tramonto Sulle nevi lontane, e stupefatto Pareva il sol che dal romito albergo A salutarlo non venisse il vecchio. Ahimè, quell'era di sventura un novo Spaventevole ! Schiudesi alfine La porta del castello, e con veloci Passi agitatamente escono Aroldo, Clara e più servi; il canuto ciglio Ai soavi del sole ultimi rai Volger si cura. Che avvenia? Dal campo Infausto messo è giunto. Il pro' Ioffrido Contro l'usurpator del saluzzese Seggio osando tropp'oltre avventurarsi Nel calor della pugna, il circondaro L'empie straniere spade, e prigion cadde. Speme di riscattar cara vita Nutre il barone antico; e vuole ei stesso Trar supplichevol senza indugio al truce Fortunato invasor, che se talora Immolar gode i miseri captivi, Talor si placa a ricca d'oro offerta, Molto dovendo da sua iniqua sede Oro il tiranno effonder sulle bande Dell'alleato provenzal monarca. Giunto al margin vicino ove al tragitto Nel rigonfiato Pellice è apprestata La navicella, Aroldo porge il bacio Del congedo alla figlia. Allora al collo Gli s'avvinghia la pia. Sola a mie stanze Non riederò, buon genitor; pupilla Esser della tua fronte a chi s'aspetta Se non a me? Forse piet

Quel no scatenò una tempesta. La signora scordò che il giovane era italiano, e suo ospite, e proruppe in una tale sfuriata d'invettive contro il Re Vittorio, il governo piemontese, l'Italia, risalendo dall'entrata dell'esercito in Roma fino alla guerra delle Marche e dell'Umbria, che il mal capitato straniero diventò bianco come un cencio di bucato. Ma fatto forza a stesso, non rispose parola, e lasciò agli altri italiani, ch'erano amici di vecchia data, la cura di sostener l'onore del loro paese. La discussione durò un pezzo, e fu accanita; la signora s'accorse poi d'essersi lasciata andare tropp'oltre, e fece capire che n'era dolente; ma una cosa apparve chiarissima dalle sue parole, ed è ch'ella era convinta, e con lei chi sa quante! che l'unificazione d'Italia si fosse fatta contro la volont

La principessa sa, così rispose a' suoi sarcasmi, trafiggendola un poco, ma non volendo andar tropp'oltre, affinchè ella, sospettando di lui, non sfuggisse, almeno in parte, alle sue vendette, sa che io tengo a esser il primo de' suoi servitori.... Se ho mancato ad una visita, la principessa deve essere convinta che ciò può attribuirsi soltanto a motivi superiori di molto alle mie forze.... Ma, pur troppo, io so che alla principessa è indifferente di veder o no un umile servitore come sono io: un pover uomo d'affari, che non può distrarla, perchè manca di brio, e non può esserle utile in nulla.