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Aggiornato: 5 giugno 2025
Vidi allora ed abbracciai i suoi più intimi pensieri, li accolsi in me, li strinsi dentro di me, compresi le sue lotte, i suoi dolori, le sue intime tristezze; fui sua in uno slancio irresistibile quanto occulto. Volli parlare, ma nessun accento uscì dalla mia bocca.
Mi sembrò molto triste, d'una di quelle tristezze un po' molli che rivelano un cuore gonfio di pianto, un bisogno di lacrime. A che pensi? le chiesi. Mi ricordo del mio primo Natale alla Badiola. Te ne ricordi tu?
Il Morone lo teneva assai bene informato di tutto, ma ciò che per altri sarebbe stato causa di uno sgomento continuato, in lui non generava che momentanee tristezze e prostrazioni d'animo talvolta eccessive, ch'egli procurava tosto di rintuzzare e affogare nei gaudii e nell'ebbrezza.
Questa, se paragonava quel che era stata finora a quel che poteva diventare sposando Cresti, la sua stanzuccia dai mattoni screpolati, alla bella villetta che dalla finestra vedeva biancheggiare nell'ombra fredda dell'altra riva: se ricordava i giorni delle lunghe tristezze invernali, quando il gran freddo che scrolla le finestre par che insulti alla poca legna che langue nel caminetto, doveva riconoscere che l'offerta di Cresti scendeva sopra di lei come una benedizione.
Oh il felice mattino, Arrigo! Sì, mia Emma, è davvero ridente. Se dal mattino si giudica il giorno passeremo un bel dì. Passarlo con te! È il mattino degl'innamorati, Emma! Arrigo... quanto sei lieto! Emma, a te vicino, poss'io aver tristezze? Ci vorremo sempre bene... non è vero? Sì, sì, cuor mio, sempre, sempre... non è noioso l'amor tuo!... Emma, Emma... quanto sei buona! Saremo felici!
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