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Aggiornato: 24 giugno 2025


TIGEL. Ancor di sangue tempo non è; ma ben si appressa, io spero.

Base al tuo seggio alta e perenne il nostro sepolcro avrai. Perché piú indugi? or questo mio capo prendi; al tuo furore il debbo. SENECA Se perder vuoi seggio ad un tempo e vita, Neron, sicuro è il mezzo; Ottavia uccidi. NER. Vendetta avronne ad ogni costo. OTTAV. Ah! mille morti vogl'io, non ch'una, anzi che danno lieve arrecare al signor mio. TIGEL. Ma il tempo piú stringe ognora.

Ma, se pur spento ogni tumulto affatto doman tu vuoi; se a breve gaudio falso, lungo terribil lagrimar verace vuoi che sottentri; ad evidenza piena or t'è mestiero trar le accuse gravi giá intentate ad Ottavia: in altra guisa mai non verresti del tuo intento a fine. Tutti uccider non puoi... NER. Men duol. TIGEL. Ma tutti convincer puoi. L'ultima strage è questa, ove adoprar l'arte omai debbi.

TIGEL. Ottavia trarre potran piú tosto ove Agrippina, e Burro, e tanti, e tanti, andaro. A voler spenta la tua rival, lascia che all'odio antico nuovo timor nel core al sir si aggiunga. Ei non svelommi il suo pensier per anco; ma so, che nulla di Neron l'ingegno meglio assottiglia, che il timor suo immenso. Roma, Ottavia chiamando, Ottavia uccide.

TIGEL. Il tuo signor per anco tal non ti crede; e, ad innocente farti, non bastava il munir di velen pria Eucero, e tutte le tue conscie ancelle, , che ai martir non resistesser: gli hai tolti ai tormenti, ma a te stessa il mezzo di scolparti toglievi... OTTAV. Or, qual novella menzogna?... TIGEL. Omai vieta Neron, che fallo non ben provato a te si apponga.

POPPEA E crede il popol stolto, ch'io la di lei pietá?... NER. Sempre arte, sempre? Non ferro mai? TIGEL. La men probabil cosa, vera talvolta al popol pare. O stanco fosse, o convinto, a queste varie voci, ei rattemprò di sua ribelle gioja il gran bollore in parte. Il frattanto si muore; e fian segnal funesto l'ombre di ragioni ben altre.

Ah lungi io da te morrò pria;... ma intero almeno cosí il tuo amor ne porto io meco in tomba... NER. Basta omai, basta; in me giá l'ira è troppa... d'abbandonarmi ogni pensier deponi. E Roma, e il mondo, e il ciel nol voglian, mia sarai tu sempre: a te Neron lo giura. TIGEL. Viva Neron. NER. Gli hai tu dispersi? spenti? Signor son io di Roma? E che? tu torni senza sangue sul brando?

Il novel che sorge, compiuto forse non sará, che fermo fia d'Ottavia il destino, e appien per sempre. TIGEL. E queta io spero ogni altra cosa a un tempo, ove mostrar pur vogli Ottavia al volgo rea, quanto ell'è. NER. Poich'io l'abborro, è rea, quanto il possa esser mai. Degg'io di prove avvalorare il voler mio? TIGEL. Pur troppo.

NER. Mai non l'amai; mi spiacque ognora e increbbe; ella ebbe ardir di piangere il fratello; cieca obbedir la torbida Agrippina la vidi; i suoi scettrati avi nomarmi spesso la udii: ben son delitti questi; e bastano. Giá data honne sentenza; ad eseguirla, il suo venir sol manca. Roma saprá, ch'ella cessava: ed ecco qual conto a Roma del mio oprare io debbo. TIGEL. Signor, tremar per te mi fai.

Parola Del Giorno

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