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Aggiornato: 26 maggio 2025
Basti che sì da colpa ei non è domo, Che per mano di Dio non debba pure Frangere il giogo, e avere in ciel rinomo. Basti ch'ei fra ignominie e fra sciagure Sta grande e conscio di virtù divine, E gli destan rossor vizi e lordure. Ei molto ignora, ma le sue rovine Attestan quella origin ch'egli avea, E suda a restaurarle insino al fine;
Ah, tanto meglio! La scienza è un certo albero, che, suda suda, è un miracolo se ne cavi fuori le tavole d'una cassa da morto. Ma torniamo a noi. Vogliamo dunque levarcela, questa vecchia zimarra e questa barba di stoppa? Eh eh! Il concetto è antico, ma è bello. Il signor Volfango Goethe l'ha tirata fuori da una leggenda popolare del quattrocento; ma, di leggenda in leggenda, e d'un ringiovanito in un altro, si potrebbe risalire fino al decrepito Jolao, restituito, per le preghiere d'Ercole, alla prima giovinezza. Sarebbe un dotto lavoro; ma gi
Bisogna bene passar la sera in un caffè concerto. Non potrò vedere Bianca prima di domani mattina. Nello schiamazzo luminoso della sala Umberto, canta una donna in gonnellino vermiglio, pallido visetto che suda sotto ciocche nerissime, pesanti. Occhiate di liquirizia. La canzone trascina voci e anime di spettatori. Mamma dice non devi morir di malinconia; c'è il biondino che ti vuol bene.
Ei minutò e lacerò per lo meno venticinque bozze, alzandosi, passeggiando, affacciandosi al balcone per ispirarsi alla vista del cielo e del mare. Ei si battè la fronte, fiutò il tabacco, fumò una dozzina di sigari, si prosciugò la fronte come un uomo che suda, infine mise alla luce le linee seguenti: «Gentiliss. e riveritiss. sig. Abate,
Giacomo con ghigno amaro soggiungeva: Comprendo bene che un uomo, quale mi sono io, incapace di provvedere alla sussistenza della propria famiglia, ceppo sterile, e roso dagl'insetti; che suda da tutti i pori la maledizione di Dio... inutile, insomma, o funesto, deva ispirare disprezzo... e comprendo ancora, e provo come il disprezzo uccida lo amore, e generi l'odio.
Percorre tutto il Nilo riempiendo di profumi i tre mila otri che suonano fragorosamente sulle sue spalle scattanti. Entra nel lugubre caldo foltore d'oro torrido intrecciatissimo e compresso della sua Abissinia amata. Sono mesi e mesi che non piove, e la mirra balsamica suda fuor dalla corteccia un umore inebriante e languidissimo.
I paventosi daini per la druda Mostransi arditi quai guerrieri al campo Il tigre con vergata pelle suda Spargendo in l'aria sanguinoso vampo Ruge il leon con voce horrenda e cruda Spiegando al ciel con gli occhi ardente lampo Il serpe per la biscia fischia e vibra Che haverla prima e poi morir delibra
Al solco Durissimo fra tanto, a l'aere impura Suda il magro colòno; e, se la verga Del discreto signor non gli distende Le bronzee terga e lo flagella a morte, Ben felice esser dee, che possa un giorno, Dai travagli consunto e dal digiuno, Cader sovra l'aratro, e con le ignude Ossa impinguar del pio padron la gleba.
In quel punto, la voce dell'usciere Gaetano grida dall'alto della scala: Signori: Nervo ha finito; parla Minghetti. Tutti si precipitano alla tribuna e Prospero Martucci resta solo come un cane, suda peggio di un facchino per liberarsi del tappeto e finalmente sale alla tribuna anche lui e si trova tra il redattore della Tribuna e me.
Fa caldo Donato suda; l'altro, impassibile, offre la rivincita... guadagna ancora. Fa un caldo orribile. Non rimangono più che centoquarantanove lire nel taccuino dello studente, il resto si è sprofondato nella voragine di pelle di bulgaro del signor Asdrubale. Poco stante la voragine si apre un'ultima volta e le centoquarantanove vanno a raggiungere le compagne.
Parola Del Giorno
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