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Aggiornato: 14 maggio 2025


Filippo Bertone abitava una meschina cameretta, anzi una stamberga, nelle soffitte d'una vecchia casa in via degli Argentieri, che era tra le più popolose, ma altresì tra le meno signorili dell'antica Torino. Un letticciuolo di contro alla parete, che faceva venir freddo solamente a vederlo, due sedie zoppe, un tavolino presso la finestra, che dava sui tegoli neri del tetto, un baule spelacchiato che doveva offrire ai visitatori un modus sedendi non guarentito loro dal picciol numero e dalla poca sicurezza delle sedie, un catino sul suo trespolo di legno, e finalmente una pila di libri su d'una stufa rotta erano tutti gli arredi della cameretta di Filippo Bertone. Non c'era armadio, portamantelli, per gli abiti dello studente; ma bisogna anche dire che Filippo Bertone non aveva abiti di ricambio; il suo giubbone di color tabacco lo portava con , e quando, per le ore di sonno, o dello studio in camera, dovea pur separarsene, un umile chiodo alla parete gli serviva d'appiccagnolo. I mattoni del pavimento, corrosi dal lungo uso di parecchie generazioni d'inquilini, smossi la più parte dai loro alveoli di calce, ballavano sotto i piedi, quasi a dimostrar loro la instabilit

Quello "spencer" spelacchiato che portava Evelina, e che aveva avuto da Nora, Nora se l'era fatto fare appunto per mostrare il suo amore e il suo attaccamento al tenente Calaf

Lassù, in quella stanzuccia al quarto piano, ci dormivano la Malia, ch'era ballerina a una baracca, donna Bettina e il marito. La Malia andava al concerto per tempo e toccava alla madre accompagnarla; la ragazza tornava di notte tutta freddolosa nello scialletto rosso, con le mani nel manicotto spelacchiato, che lei stessa s'aveva fatto dalla pelle di un gatto bianco e nero.

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