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Serafina trovò il discorso fin troppo bello per un avaraccio, che non dava mai un soldo di mancia a nessuno. Vestì il suo Taddeo, lo spazzolò una volta più del solito, gli accomodò la cravatta, gl'infilò i guanti neri sui diti grossi come salamini e lo buttò fuori dell'uscio che gi

Il giovine s'era fatto più assiduo, Serafina più cortese. Una sera essa lo vide nel palco delle signore Ascenti. Parve che trasalisse: portò il binocolo agli occhi lentamente, e guardò.

Il guardaporta afferrò la fune della campanella. Tre tocchi. La guardia di pubblica sicurezza gli avea fatto certo segno disperato... Poi la gente fu cacciata e il portone chiuso. E chisto è n'ato disse il guardaporta, tornando al vecchietto. Quello mormorò: Puveriello!... Dopo un momento chiese: Serafina resta qua?

La carrozza entrò nell'atrio del Bellini, e si fermò davanti alla larga scala che conduce a' palchi. Serafina, il cavaliere Mario Furlani.

Il tuo primo torto, Serafina, fu quello di andare al ballo senza mio permesso secondo torto, ballare tutta la notte con tuo cugino Raimondo terzo torto, accettare da lui una cena quarto torto.... A proposito di torti.... se andassimo a mangiare una dozzina di tortelli..!? Per un tuo sguardo, Clarina, darei, se li avessi, tutti i tesori della terra...! E non li hai!... peccato!...

Delle passioni umane, oltre i libri, il Falci non ne conosce che una, per il suo caffè nero, quel buon caffè nero un po' lungo della Serafina, ch'egli beve caldo in una scodella larga di maiolica, come se fosse brodetto, e che lo tien alacre e sveglio tutta la notte sui libri, finchè i passeri vengono a saltellare sul davanzale e il sagrestano muove le campane della vicina chiesa.

Diventò inquieto, perdette quella fede in stesso tanto necessaria in simili occasioni; Serafina venne sempre guadagnando terreno, fino a che una sera lo ridusse al silenzio. Era il primo caso di simil genere che succedeva a Mario; e ne provò un'umiliazione profonda.

Lei s'alzò stringendosi nelle spalle: si fece alla finestra, e si mise a stamburinare su' vetri. La campagna, sotto a un velo grigio uniforme, era triste: giù, nel mezzo giorno, un cantuccio di cielo celeste pallido, ti faceva pensare a un di que' tramonti limpidi, striati d'opale e di croceo. Serafina guardò quel cantuccio lungamente, poi mise un sospiro.

Allora Serafina cominciò a pungere il cavaliere con qualche frizzo. Lo toccò nel debole.

Serafina, senza insistenza, aggiunse qualche parola, costretta com'eravi dalla sua qualit