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Tu vedi com'è l'anima mia, o Vergine santissima: Tu sai ch'io voglio morire. Fammi morire. Risparmiami un delitto. Fammi morire. Tremenda malattia dell'anima! Io inorridisco! Scrivo io un romanzo o scrivo i miei pensieri? Scrivo il mio sconforto su un pezzo di carta che si consumer

Splende il sole e dovrei essere lieto, ma sento il massimo sconforto... M'imagino d'essere in questa casa, ma spopolata, morti tutti e divenute sacre le memorie, ed io vecchio, legato a te, ed obliato da te, senza una donna al fianco che sia stata la gioia di mia madre.

Lo sconforto fremeva sordamente sotto la fede che gli dettava quell'invocazione. Egli non voleva e non poteva rassegnarsi alla mostruosa realt

Quando egli fu arrivato a casa sua, l'esaltazione era caduta in un grande sconforto. Ciò ch'egli sentiva, era di trovarsi in una disposizione di spirito dalla quale sarebbe stato in suo potere il passare alla passione, solo ch'egli avesse voluto; ma era appunto tale volont

Ma non era passata più di una settimana, quando il caso, o piuttosto qualche misterioso potere che con mano invisibile trova il filo di tante cose sconosciute ed oscure, venne a mutare in viva gioia lo sconforto della Teresa e del suo beniamino.

Profondamente onesta, era incapace di avermi scritto una cosa che doveva addolorarmi, senza essere ben decisa a quanto annunciava. D'altra parte la lentezza e la calma con cui aveva presa quella risoluzione, la freddezza con cui ne parlava, provavano la sua profonda delusione, lo sconforto che le era entrato nel cuore.

Infine, non vedendolo a Castelguelfo essa avrebbe potuto dubitare ch'egli fosse ammalato! Perchè non mandava a vedere che cosa c'era di nuovo? E tutti i giorni sperava, e tutti i giorni cresceva il desiderio e lo sconforto: ma non gli capitava nulla da Castelguelfo! Era proprio un baby senza cuore!

Com'ebbe compiuto questa impresa, si sentì venir meno tutte le forze: almanaccò sulla riuscita, e ne trasse motivo di sconforto. Parevagli d'aver troppo oltre spinto la sua baldanza, ed ora d'aver pallidamente dipinto il suo stato, ed ora d'essersi reso ridicolo. Per due giorni fu nuovo strazio. Al terzo giorno ricevette per posta questa lettera di Clelia. "Signor Raimondo.

Che m'importa dell'archeologia? Una volta avevo tanto dolore, ma tanta era la mia speranza! Ora non ho più dolore, ma non ho più speranze! Apatia! 28 dicembre. Gli altri che lavorano hanno un po' d'ambizione ed io mi sprofondo nel massimo sconforto! Eppure l'anima mia si sente nata per sprezzare ogni ambizione, ogni fumo, ogni finzione, e per esser modesto e tranquillo e felice con una donna!

Studiare? Studiare? No, no, no! s'accresce il mio sconforto sui libri! Devo scrivere per Treves un articolo sulla Rocchetta del Castello. Sento il peso che mi sono imposto.