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3 Pianger de' quel che gi

Spazzola la tua sottana.... Tira fuori il tuo rosario; nascondi quel fazzoletto! Non pianger più! Cessa di lamentarti! So, so, che dei pruriti e dei formicolii ti irritano le gambe.... Ma di ben altro si tratta! Riprendi il tuo aspetto di dolce beatitudine! Un po' di compunzione nel tuo sorriso.... Suvvia? Attento!

ARREOTIMO. O misero Arreotimo, e qual prima piangerai di tante disgrazie? che di maschio ch'io pensava Cintio, or sia femina; o di femina che ora la trovo, sia disonesta; o che nel fin perduta l'onestá, abbia insieme a perder la vita? o debbo forse pianger me stesso che sia vissuto insino a tanto ch'abbia dovuto veder tante disgrazie?

Ella ch'ancora avea le luci rosse del pianger lungo, sospirando disse; ma disse forte, acciò che fosse espresso a Ruggiero il suo dir, che gli era presso. 59 Era baldanzoso il creder mio, ch'io non stimava alcun di cor saldo, che me l'avesse a tor, dicendogli io ch'era de la sorella di Rinaldo.

125 Di pianger mai, mai di gridar non resta; la notte 'l si d

Poi ch'io potei di me fare a mio senno, trassimi sovra quella creatura le cui parole pria notar mi fenno, dicendo: <<Spirto in cui pianger matura quel sanza 'l quale a Dio tornar non possi, sosta un poco per me tua maggior cura. Chi fosti e perche' volti avete i dossi al su`, mi di`, e se vuo' ch'io t'impetri cosa di la` ond' io vivendo mossi>>.

Deh! qual prima piangerò delle tue morti, quella del corpo o quella dell'onore? di quella del corpo non devo pianger molto, ch'essendo nata mortale e figlia d'uomo mortale, non ti potea mancare il morire; ma piangerò la morte della tua fama, ch'essendo nata figlia di padre onorato, coll'innocente tua morte hai infamato te e il tuo parentado.

Ben porta nel mio core un caldo affetto il vivo lume vostro, ch'è chiaro, che risplender si vede in ogni parte. Ma prenda voi per degno alto suggetto, chi al quieto Apollo è tanto caro, quanto voi sete al bellicoso Marte. XX. A Francesco Crasso La nobil valorosa antica gente, che di novo i fratelli ancisi vede, e in acerbo esilio a pianger riede, Signore, a te, s'inchina umilemente.

O Ugolin de' Fantolin, sicuro e` il nome tuo, da che piu` non s'aspetta chi far lo possa, tralignando, scuro. Ma va via, Tosco, omai; ch'or mi diletta troppo di pianger piu` che di parlare, si` m'ha nostra ragion la mente stretta>>. Noi sapavam che quell'anime care ci sentivano andar; pero`, tacendo, facean noi del cammin confidare.

<<La faccia tua, ch'io lagrimai gia` morta, mi da` di pianger mo non minor doglia>>, rispuos'io lui, <<veggendola si` torta. Pero` mi di`, per Dio, che si` vi sfoglia; non mi far dir mentr'io mi maraviglio, che' mal puo` dir chi e` pien d'altra voglia>>. Ed elli a me: <<De l'etterno consiglio cade vertu` ne l'acqua e ne la pianta rimasa dietro ond'io si` m'assottiglio.