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Aggiornato: 20 giugno 2025


Per altro, Nicolino Ariberti non la passò così liscia, come potrebbe argomentarsi da questo commiato. A mezzo le scale fu ancora trattenuto da una chiamata della signora Paolina, che aveva dell'altro ancora da dirgli. Laonde si fermò ossequente al suono delle venerande ciabatte, ed aspettò che avessero fornita tutta la distanza che gi

Ma, con grande sorpresa, vide che Masiello, invece di porgergli la sua, se la ficcò, con certo strano sorriso ostile, nella tasca dei calzoni. Don Nicolino ne restò turbato. " Siamo d'accordo? meglio così, chè questo è l'unico mezzo di farmi concepire di voi una buona opinione.

Dunque, tornando alla contentezza del signor Nicolino, la prima ragione era quella degli esami superati. E l'altra? L'altra era questa: che il signor Nicolino era a Torino, senza sopraccapi, e che non doveva tornar più per un pezzo a Dogliani. Non gi

Così parlava quel vanerello, che aveva ancora il latte sulle labbra, e s'impancava a far l'uomo. Sotto i tegoli. Lo stesso giorno che quella ibrida conversazione si era tenuta al caffè dell'Aquila, il nostro Nicolino Ariberti andava in cerca di Filippo Bertone.

Aspetti, disse ella, adesso chiederemo alla signora Paolina, e chi sa ch'ella non sappia dove è andato a stare il suo amico Bertone, io non sono qui che da un mese. Signora Paolina! Chi è? domandò da un uscio in fondo al pianerottolo una voce chioccia ben nota a Nicolino Ariberti.

Onde tanto accanimento contro questa degnissima sottospecie dell'ordine dei primati? Il nostro Nicolino non poteva patire il parroco di San Quirico che veniva ogni sera in casa a far la partita di tarocchi, e che ogni sera regolarmente, col pretesto di volergli un gran bene, gli faceva un interrogatorio di bassa latinit

Segno che non era un ciuco, il signor Nicolino, come egli si era battezzato da in un momento di stizza. Tutt'altro, anzi; ma il suo spirito vagabondo amava troppe più cose che non comportasse l'et

Al signor Nicolino gli accadeva come al ferro caldo, che non divien buono se non a furia di batterlo. Immaginate dunque, mettendovi nei panni del figlio, che giubilo fu il suo quando ebbe compiuti gli studi in provincia e fu il caso di andare a Torino per la filosofia e per le leggi, a cui lo destinava suo padre. Diede allora una rifiatata di contentezza e cantò dentro di il magnificat.

E fatte altre poche parole di commiato, il nostro Nicolino infilò le scale, dopo aver risposto con una scappellata al gentile saluto e al profondo inchino della signora Giuseppina Giumella, fiorista in Doragrossa, a cui certe parole della padrona di casa avevano dato un gran concetto delle ricchezze di quel timido visitatore.

Ora, quel tuo nome di Nicolino non è abbastanza poetico; ti dirò anzi schiettamente che non lo è punto. Un poeta ha da avere un bel nome, che i giovani e le donne possano ripetere volentieri. Vedi, per esempio, il Foscolo. Si chiamava Nicolò come te. Nicolò Foscolo! Ti pare che quel nome potesse andare, pel futuro cantor dei Sepolcri?

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