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Uno studente fece per movere una domanda, ma parecchie voci l'interruppero: Stia zitto; stiamo a sentire. Superato il ribrezzo che gli inspirava il ricordo dell'atto codardo del suo nemico, il professor Navaro aveva ripreso il suo accento vivo, e tirò via a narrare, come se risentisse ancora quelle impressioni, e vedesse quelle scene.

Il professor Navaro fece una pausa, durante la quale noi esprimemmo il nostro biasimo per la condotta di quel gesuita di Rosario, poi riprese: «Avevamo per professore di patologia un pover'uomo, il quale suppliva alla scienza che gli mancava, colle ciarle, col tuono dottorale ed enfatico, e con una gran fede in stesso. Lo chiamavamo il dottor Dulcamara. Però, se i suoi colleghi ed anche gli studenti lo conoscevano per quel che valeva, in citt

L'apparecchio per la respirazione artificiale entrava appunto, quando cessai di vedere, udii ronzarmi negli orecchi dei suoni confusi, e m'avvidi, disperato, che morivo al momento in cui stavo per esser richiamato alla vitaConchiudendo queste parole, il professor Navaro respinse noi tutti, che lo stringevamo davvicino, e s'accostò alla tavola per versarsi un bicchierino di cognac.

Figurarsi se volevamo! il professor Navaro era il più benvoluto ed il più ammirato dei nostri insegnanti. Il racconto d'un fatto della sua vita c'interessava tutti vivamente. E per giunta egli narrava bene, con facilit

Che gli abbiamo punte le carni, gli abbiamo strappati i capelli e non ha dato segno di dolore? « Perchè non può dar segni; ma il dolore lo sente. Il curare non colpisce che i nervi motori; Navaro è morto parzialmente; i nervi motori sono morti... « Questo è un delirio, tornava a dire il professore.

Allora ricominciò, e dopo più d'un'ora potei muovermi e parlare. La sera stessa ero completamente guarito, e dopo alcuni giorni stavo anche meglio di prima. Ma, caro Navaro, esclamò un professore di filosofia: io non capisco nulla. È uno scherzo, un racconto di fantasia alla Poe che ci ha fatto? Come mai! Avvelenato, morto a mezzodì, e sano la sera?

E, per quanto mio padre lo interrogasse, non ci fu verso di fargli dire se voleva riaverle, o se s'avevano da bruciare. E le bruciammo noi, mio padre ed io, nel fuoco del caminetto tutte le care speranze che avevano consolata quella vita povera, laboriosa ed onesta. Si finiva di pranzare in casa del professor Navaro; un pranzo di soli uomini ed un pranzo di Natale.

Sebbene il professor Navaro ci stesse dinanzi vegeto e sano a narrare lo stranissimo caso, noi pure eravamo agitati, come gli studenti di Messina. Alcuni s'erano alzati ed avvicinati a lui, e gli stavano intorno appoggiati alle spalliere delle sedie vuote, altri alzavano i pugni rabbiosi contro l'avvelenatore.