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Aggiornato: 24 maggio 2025
Fece un atto di sorpresa. Gli raccontai in poche parole i grandi disastri della Francia, l'invasione, la presa di Parigi, la perdita delle due provincie. Stette a sentire colla testa bassa e le soppracciglia aggrottate; poi si riscosse e disse con un certo sforzo: C'est égal... je n'ai plus de patrie... ça ne me regarde pas... E riabbassò la testa. Io lo osservavo, se n'accorse.
Intanto Vittor Hugo parlava di molte piccole occupazioni che sovente gli portavan via la giornata senza che quasi se n'accorgesse, e diceva con voce stanca, ma bonariamente: Je n'ai pas un minute á moi, vous le voyez bien. E tutti risposero a una voce: È vero.
Io ne ho trovato uno molto cortese; ma la stessa sua cortesia mi è stata cagione d'un disinganno. Vedendogli qualche medaglia sul petto, gli avevo domandato quali campagne avesse fatto. Des campagnes? Je n'en ai pas; mi rispose J'étais aux cuirassiers; je n'ai donné que dans les émeutes.
Il libro lo ha scritto il suo autore per lui, infondendo un grandioso soffio d'arte in tutto quel che aveva visto; facendo sforzi d'intuizione straordinari, ma insufficienti, per quel che aveva udito: libro però dove la Roma vera (la Roma dei papi e la Roma italiana) non è intesa o è fraintesa, perchè l'abate Froment era venuto a cercare una Roma di sua immaginazione, e in tre soli mesi di dimora non si è potuto accorgere del suo inganno. Nè forse se ne sarebbe accorto in dieci, in venti anni, come la sua compaesana de l'Ile-de-France, cameriera in casa Boccanera, che gli confessa: Voicì vingt-cinq ans que j'habite leur pays, et je n'ai pas encore pu my faire
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