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È morto!... Ma no, ma no; morir

Ed io con tante villane e discortesi parole e al fin con fiere pugnalate ho voluto pagarti di tanto amore! Al fin non riuscendoti meco alcun disegno, volevi morire e morir per le mie mani.

quando nel mondo li alti versi scrissi, non vi movete; ma l’un di voi dica dove, per lui, perduto a morir gissi». Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando, pur come quella cui vento affatica; indi la cima qua e l

57 Io v'ho da ringraziar ch'una maniera di morir mi schivaste troppo enorme; che troppo saria enorme, se la fera nel brutto ventre avesse avuto a porme. Ma gi

Con queste due cose ci sarebbe anche da morir di noia; proruppe Damiano. Le avevo, e non mi sono bastate. Diciamo dunque, per essere nel vero, che ci ho te, cara donna adorata. La più bella donna, nel verde più vivo, sotto il più dolce azzurro del mondo, ecco la felicit

E questo non è da dubitare che l'autore non sapesse; per che, avendol posto, assai bene possiam comprendere l'autore volere altro sentire che quello che semplicemente suona la lettera, e cosí in ciò che sèguita del rimettimento di questa lupa in inferno: la sposizione delle quali cose a suo tempo riserberemo. «E piú saranno ancora», che stati non sono, «infin che 'l veltro Verrá». È il veltro una spezie di cani, maravigliosamente nimica de' lupi, de' quali veltri dice, come appare, doverne venire uno, «che la fará morir con doglia».

Qual nome? domandò subito il professore. Loreta Lambertenghi. Loreta! esclamò la signora Chiara con grande sorpresa. Loreta, la figlia di Prospero Lambertenghi! , la figlia di Prospero Lambertenghi e della povera Cannila Sant'Angelo. Ah! è stata ben fortunata la povera Camilla di morir così presto per non vedere il triste destino riserbato alla sua creatura! Ma dunque il Lambertenghi?

Ed or che presso le fatiche estreme O vincere, o morir m'accingo in armi, Non mi turba la morte, o ciò che insieme Sul punto del morir possa incontrarmi; Solamente, o fedel, per me si teme Che de l'alta belt

E giunge finalmente sulla riva del Tevere, in vista di San Pietro, davanti a un'ara modesta, donde cento voci fioche lo salutano: Noi pur, noi pur pugnammo in cinque contro venti, E non fu indarno, o patria, il sangue, il morir!

36 Non più a Iason di maraviglia denno, agli Argonauti che venian con lui, le donne che i mariti morir fenno e i figli e i padri coi fratelli sui, che per tutta l'isola di Lenno di viril faccia non si vider dui; che Ruggier quivi, e chi con Ruggier era maraviglia ebbe all'alloggiar la sera.