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Aggiornato: 22 maggio 2025
Alla fine capii di che si trattava. Erano gemme tolte alle corone dello Stuart Mill e dello Spencer e incastonate nella mota. Gli imbecilli incompresi nei loro discorsi fanno come quel povero scrittore, che aspirava alla gloria, senza aver diritto neppure a mangiare il pane quotidiano del senso comune. L'imbecille incompreso e furbo possiede un'altra astuzia.
Quella, notte portò in camera un volume del suo Cournot: Matérialisme, Vitalisme, Rationalisme, ed anche, per riscontrare alcune preziose citazioni, Les Origines del Pressensé. Buoni libri erano quelli. Anch'egli aveva avuti i suoi dubbi; anch'egli aveva tratte le frettolose conseguenze dallo studio di certi fenomeni naturali, di certe teoriche evolutive; quei libri, insieme coi suoi trattati di astronomia, e con gli studi fisiologici del Pasteur, lo avevano ricondotto in carreggiata. Ed anche aveva vedute certe conclusioni di Herbert Spencer a proposito dell'inconoscibile, certe confessioni dello Stuart Mill a proposito della creazione, donde gli era apparso il dubbio del dubbio, cioè a dire la modica fede di quei grandi maestri del pensiero moderno intorno alla saldezza dei loro proprii sistemi. Infine, aveva ragione lui. È giusto, è desiderabile che la scienza positiva, che dubiti di tutto, che tutto rimetta in discussione e sottoponga nuovamente ad esame, distruggendo, ma col proposito di riedificare. Così era avvenuto in materia d'antichit
«Anche per essi, adunque, pei Darwin, gli Spencer, gli Stuart Mill, esiste il divino, fuori della evoluzione storica e naturale dei nostri timori e delle nostre illusioni? anche per essi Dio è fuori della materia, comunque da noi poveramente pensato e sentito? Se è, perchè non si svela? Ma qui pensavo ancora dentro di me: perchè dovrebbe svelarsi? Se si svelasse, non cesserebbe ad un tratto l'indagine umana, e colla indagine la ragione istessa della vita? La ricerca dell'assoluto è il fine istesso dell'umanit
pria che passin mill’ anni? ch’è più corto spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia al cerchio che più tardi in cielo è torto. Colui che del cammin sì poco piglia dinanzi a me, Toscana sonò tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia, ond’ era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo sì com’ ora è putta.
Il pinus montana Mill., limitato ai sistemi montuosi centrali dell'Europa, con numerose e svariate forme, si distingue dal pino selvatico per il suo fusto più compatto, i suoi aghi pronunziatamente verdi, i coni ottusi e talvolta curvati, ecc. La sua forma arborea (f. uncinata) predomina sul versante spagnuolo dei Pirenei, mentre nelle Alpi è diffusa dal Ventoux all'Engadina. Nelle Alpi Marittime viene menzionata nelle foreste di Mollières, di Fremamorta, di Salèses, di Cavallé, delle Finestre e dell'Aution; trovasi anche, secondo l'Ardoino, sul Colle di Tenda, mentre noi non lo trovammo nel bacino del Roja, ma nella Valmasca (da m. 1750 sul fianco sud a 2150 m. nel vallone dell'Agnel) e su ambidue i fianchi del Monte Urno, ove cresce a 2100 m. insieme agli ultimi larici. V'è una delle variet
pria che passin mill’ anni? ch’è più corto spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia al cerchio che più tardi in cielo è torto. Colui che del cammin sì poco piglia dinanzi a me, Toscana sonò tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia, ond’ era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo sì com’ ora è putta.
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