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Questo Matatia veggendo un Ebreo che sedotto o costretto da un ufficiale del Re sacrificava agli idoli, arse di sdegno e zelante per la legge, come Finees, si gettò sopra di lui lo uccise e con esso uccise anche l’ufficiale del Re. Questa fu la scintilla che fece scoppiare la rivolta. Dopo questo fatto Matatia accorgendosi che la sua vita era in pericolo, gridò per la citt

Questa educazione, che doveva lasciar tracce profonde nell’animo impressionabile del fanciullo, fu presto interrotta. Morto, nel 342, il vescovo Eusebio che aveva l’ufficiale sorveglianza del piccolo principe, sorveglianza, del resto, da lui esercitata in modo affatto superficiale, così da non accorgersi che il pedagogo segretamente piegava l’animo dell’allievo all’antipatia pel Cristianesimo, l’imperatore, pauroso, fors’anche, di veder sorgere un rivale nel fanciullo che cresceva sotto gli occhi di tutti, nella capitale dell’impero, lo mandava insieme al fratello Gallo, salvato, lui pure, dall’eccidio dei Costantiniani, in una specie di reclusione, in un solitario castello della Cappadocia, chiamato Macello, descritto dallo storico ecclesiastico Sozomene come un luogo di delizie²². I due giovanetti vissero sei anni in quel ritiro, circondati da schiere di servi, ma fuori affatto del movimento intellettuale e politico del mondo. Giuliano ricorda quegli anni con grande amarezza nel suo discorso agli Ateniesi. «Che dirò io di quei sei anni, passati in un podere altrui, senza che nessun estraneo potesse avvicinarsi a noi, o che potesse avvicinarci alcuno dei nostri antichi conoscenti? Vivevamo esclusi da ogni efficace insegnamento, da ogni libera conversazione, nutriti fra lo splendore dei servizi domestici, ma costretti ad esercitarci coi nostri servi, come se fossero nostri compagni, poichè nessun nostro coetaneo era ammesso vicino a noi»²³. Giuliano osserva che, mentre suo fratello Gallo, in conseguenza delle abitudini, prese in quel soggiorno, divenne rozzo e violento, egli fu salvato dal germe di filosofia, e vuol dire di dottrina ellenica, che gi

Garibaldi, Missori e il giovane Bertini erano a poca distanza; l’ufficiale napoletano non se ne accorse, intento a correre per riprendere un cannone che i garibaldini avevano preso al nemico; ma i cacciatori borbonici sono ricevuti dalle fucilate dei nostri e ritornano indietro.