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Aggiornato: 8 giugno 2025


"Fanciullo incorreggibile, perchè avventurare i tuoi nervi di seta fra questi pettini da lino? Vieni all'aria aperta." "O Zabulone!" Dopo aver fatto un ampio lavacro di aria fresca per lo capo e pel seno, io sospirai: "Costui dev'essere Gog e Magog..." "Egli è un uomo."

Che fai? perchè mi asciughi la fronte, Corrado? il lino è diventato vermiglio... vi stava sopra del sangue rappreso... è tuo... Oh! egli mi bacia dove stava il suo sangue... benedetto dal Signore... il regno dei cieli... piangerò milioni di secoli... così dolce chiama il sepolcro? lo spirito mio... la gioia della luce... mi raccomando

Dissi peccato veniale in , perchè potrebbe darsi diventasse peccato mortale a cagione del pericolo, dello scandalo o di altre circostanze annesse. L'adornarsi con capelli altrui, come si usa adornarsi colla lana, col lino, colle pelli degli animali, non è peccato, dice Sylvius, od è soltanto veniale se questo abbigliamento e, relativamente al proprio stato, superfluo o vanitoso.

Anche il lino del letto, anche la luce che inonda la stanza, anche l'aria mattutina che entra per la finestra spalancata, anche l'orizzonte laggiù su cui s'inarca il concavo azzurro. La morte, così, l'esecrata morte non ha più nulla di ributtante, di osceno, di orrendo. Nulla.

Oh! per me mormorò la moglie di Sandro, tirando adagio adagio una ciocchetta di lino per me, quello che è stato è stato: non auguro la morte a nessuno io. Capisco. Ma Sandro è ancora abbastanza giovine, e non è cattivo. Morta quella , ritorner

Democrito, che 'l mondo a caso pone, Diogenes, Anassagora e Tale, Empedocles, Eraclito e Zenone; e vidi il buono accoglitor del quale, Diascoride dico; e vidi Orfeo, Tulio e Lino e Seneca morale; Euclide geometra e Tolomeo, Ipocrate, Avicenna e Galieno, Averois, che 'l gran comento feo.

Impossibile a contarsi, quell’immenso numero di cristiani, del quale si gremiva tutta quanta la vallata; uomini e donne, secolari e monaci, cristiani di tutte le terre, facce sperdute in Cristo, nel fuoco della penitenza, nella febbre del digiuno, tutti confessati con l’ostia, mondi come il lino del battesimo, tutti assorti nel veggente amore che accese l’anima della bianca pascolatrice.

Dovetti allora lavorare per due; fortuna che la salute c'era. Andavo durante il giorno a falciare, a sarchiare, a battere il grano, a cardare il lino, e molte ore della notte le passavo cucendo abiti per le donne e per i ragazzi, che in questo ci riuscivo benino, ed anche mi piaceva.

Era costui Pasqualino, detto Lino, detto anche el Schisc, vagabondo di mestiere, alloggiato la notte nel principesco Albergo del Verde, quando il verde c’era: Piazza Castello, seconda panca a sinistra del viale: oppure, nel cavo tronco di un albero secolare, presso il dazio di Porta Tenaglia.

Il tedesco non fiatava, lasciava fare alla moglie, e flemmaticamente, con una pezzuola di lino, ripuliva il metallo degli orologi che si appannava a toccarlo. Sandro, dinanzi a tanto tesoro, restava intontito, colla bocca aperta, e l'orologio da vendere in tasca. Non sapeva risolversi, e capiva di essere in una condizione molto ridicola.

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