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Aggiornato: 24 maggio 2025
Non sentiam solo in noi l'antico Adamo, Ma insieme al suo l'amor di tutti i vati, Il desir forte ed il languire gramo Del mesto cor, dei sensi inacerbati. Nell'estasi più pura che levarne Può fino al cielo, pur sentiamo invisa La colpevol memoria della carne: Nel loto ove sguazziamo in bassa guisa Un pensiero risorge a tormentarne, E sogniam d'Abelardo e d'Eloisa.
Lo steccato che spartiva l’aia era caduto; le due donne, non più padrone, pensavano non toccasse loro rialzarlo; il vero padrone trovava inutile levarne uno nuovo per poi riatterrarlo appena avveratasi la sua speranza ed a Guglielmo non pareva vero che rimanesse a terra, anzi, perchè era brutto a vedersi, una notte lo raccolse, lo fece in pezzi e portò i pezzi nel legnaio delle Lysbak.
Gli diedi uno scudo di mancia, e gli ordinai di prendere il suo brougham più stretto, e di levarne la panchetta dinanzi. Quando vennero ad avvertirci che la carrozza ci aspettava, scendemmo tutti; ma, naturalmente, a nostro grande rincrescimento, soltanto Fulvia ed io potemmo capire nell'angusto veicolo. Dissi agli amici che ci raggiungessero alla stazione, e via!... Mancava un'ora alla partenza.
Si asciugò dispettosamente, col palmo della mano, la bocca ancora umida dei baci di lui, che le facevano schifo, e colla gola strozzata, colla voce sorda, ma con un desiderio cocente di vederlo cader fulminato, gli gridò dietro: Villano, villano!... Poi, siccome non c'era tempo da perdere, senza spiegarsi punto colla miss che la guardava stralunata, corse nella sua cameretta, si bagnò, si lavò gli occhi per bene con dell'acqua freschissima per levarne il rossore, si aggiustò l'abitino sgualcito, sciupato, si ravviò i capelli, rifece il fiocco della cravatta, ringraziò in fretta il buon Dio per il pericolo sfuggito, e presa la lana merinos, ch'era stata il pretesto della sua scappata, discese e rientrò quietamente nel salotto.
E ravviati leggermente con tre dita i capegli e data una scrollatina all'abito nero, come per levarne le grinze, il figlio di Sua Eccellenza se ne andò verso il corridoio dei palchi di prima fila, per consolarsi presso la taille de guêpe dei superbi dispregi di madonna Giunone. La quale, per uno di quegli arcani psicologici che hanno fatto chiamare l'uomo un animale imitatore, era parsa bella e desiderabile al contino Candioli, dopo che l'avevano trovata bella e desiderabile gli altri. Ed Ariberti, dal canto suo, non si era innamorato per una ragione altrettanto frivola? Nel suo struggimento, più assai di testa che di cuore, non c'entrava egli per due terzi di vanit
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