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Aggiornato: 3 giugno 2025
Il papato si riaffermava come regno. Nulla della rivoluzione, che lo aveva rovesciato prima per sopprimerlo poi con un decreto di popolo unico nella storia, doveva durare; la rivoluzione ispirata da Satana come idea si era politicamente esplicata nella più ignobile e ladra delle anarchie. Così almeno dicevano i diarii cattolici di allora. Ma coll'istinto del popolo, che aveva veduto la rivoluzione riassunta nella testa di Mazzini e nel cuore di Garibaldi, il papato concentrava i propri attacchi nelle loro due figure, mentre tutti i suoi predicatori tuonavano dal pulpito e il Padre Bresciani, estremo dei gesuiti letterati, preparava nell'ombra le serie dei propri libelli romantici, destinati all'infamia di una celebrit
Di che seguí un bene, che de' versi non sarebbe seguito: che, senza tôr via lo esercitare degl'ingegni de' letterati, egli a' non letterati diede alcuna cagion di studiare, e a sé acquistò in brevissimo tempo grandissima fama, e maravigliosamente onorò il fiorentino idioma.
Non so se qui porre il famoso Lodovico Castelvetro, che il Fontanini incolpò, il Muratori difese dall'apostasia. Certo è che Modena, sua patria, andava molto presa alle nuove dottrine; un'intera accademia ne venne accusata, e fin due di provata virtù, Egidio Foscherari vescovo ed il celebre cardinal Morone, n'ebbero a soffrire persecuzione. Il Castelvetro, a parte dell'accademia, fu pure a parte dei guai. Entrò poi con Annibal Caro in una di quelle baruffe delle quali di tanto in tanto i letterati italiani rinnovano lo stomachevole spettacolo. E allora, come adesso, non si agitavano solo coi reciproci strapazzi e col prezzolare la penna di quei petulanti per cui è un bisogno l'odiare e il farsi odiare, e che non avendo bont
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