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Aggiornato: 25 giugno 2025


Avrebbe pur voluto dimenticare col sonno le vicende di quella notte; ma non ci riusciva, anzi faceva peggio. Gaucherin era stato ad un ballo, e gli splendori delle gemme e dell'oro, i lampi procaci della gaia giovinezza che per tante ore lo avevano esaltato e commosso, adesso gli suscitavano nell'anima un impeto d'ironia amara e feroce.

I nostri corpi?... convulsi dall'orrore e reclini sull'abisso, tutti grondanti di lave turchine e violette!... I nostri volti?... illuminati dai lampi, che alacremente trinciavano l'infinito con le lor lame verdastre!... I nostri occhi?... Come schizzati fuori dall'orbite!...

Quando il nembo s’addensa, e il vento indomito Fischia, e pei boschi impazza la bufera, E rossi lampi guizzano Su ne l’accesa vôlta, Con la procella minacciosa e nera Tu soffri e gemi, nei ricordi avvolta.

Questi erano entrati nella carriera spandendo dei lampi di luce. Al momento in cui l'autore dell'Ultimo giorno di Pompei, «mirava a dare un carattere di tinta locale ed un far proprio alle sue composizioni» il maestro innovatore si accorse che due innovatori più audaci lo avevano precorso.

Pendon lucidi carri, onde volanti Gli Angioli van su per gli eterei campi; Scudi fulgidi, brandi, elmi spiranti, Da l'oro eterno, inestinguibil vampi. Miratisi quivi i fulmini tonanti Sparsi di nembi, di fragor, di lampi: Armi, di che 'l gran Dio può solo armarsi, Splendenti, ardenti, orribili a mirarsi.

È un buon merlo, disse Narciso all'orecchio di Vascello. Hai avuta mancia? Tre zecchini. Capperi! L'ho adocchiato nel sortire del veglione e mi preme, m'intendete... Ho capito. La persona immascherata pareva ossessa; non aveva membro che le stesse fermo, dalla visiera le partivano lampi dagli occhi, un'impazienza diabolica lo agitava.

Fornito il dir, de l'essecrabil spada Pon l'else in terra, e con crudel furore Sovra lei s'abbandona, e fa che vada L'orrida punta a ritrovarle il core; L'alma, che se ne uscì per l'empia strada, Le guancie asperse di mortal pallore, E quegli occhi ammorzò, ch'al mondo furo Lampi di viva luce, un nembo oscuro.

Posso andarne mallevadore, perchè l'autore di Roberta sono io. La prima volta che Cesare Lascaris entrò in casa delle due sorelle, il cielo sfarfallava di lampi infaticabili a levante e a ponente, come per un'alternativa di colori liquefatti e largamente diffusi sopra una cupola immensa. Roberta era stata ripresa dal suo male.

E così dicendo cavò dalla cintura un oriolo tempestato di gemme, che mandavano dalle mille faccette certi raggi, i quali somigliavano ai lampi onde brillavano gli occhi di lei, per la collera cui s'era levata.

È una fanciulla pallida e bella. Ella s'avanza, Tenendo sulle labbra l'indice, a passi lievi. Le sue pupille intorno schizzano lampi brevi E inquïeti, e, scorgendo col

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