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Vedilo; e m'indicò un albo di ritratti. L'apersi, e lo sfogliai rapidamente; m'arrestai all'immagine d'un giovine. È lui! esclamai con convincimento interrogando a un tempo Raimondo collo sguardo. È lui, ripetè Raimondo guardando alla sfuggita. Ne so abbastanza, io vado. E strinsi la mano a Raimondo come per lasciarlo. Mi rattenne indeciso. S'egli non l'avesse amata, s'egli almeno non l'amasse!

Ti ricordi seguitai ti ricordi tu di quella mattina che entrai nella tua stanza all'improvviso, su i primi di novembre? Ti ricordi? Entrai non so perché: perché tu cantavi. Cantavi l'aria di Orfeo. Eri quasi pronta per uscire. Ti ricordi? Io vidi un libro su la tua scrivania, l'apersi, lessi sul frontespizio una dedica.... Era un romanzo: Il Segreto.... Ti ricordi?

Vinsi il terrore che m'irrigidiva e mi slanciai contro l'uscio. L'apersi, entrai. Udii subito la voce del chirurgo che mi gridava aspra: Non v'accostate! Non la scuotete! Volete ucciderla? Giuliana pareva morta, più pallida del suo guanciale, immobile. Mia madre stava china sopra di lei reggendo una compressa.

Come accesi il lume nella mia camera continuò Cataldo e lo misi sulla tavola, m'accorsi che v'era stata lasciata una lettera al mio indirizzo. L'apersi con qualche trepidazione. Le condizioni dell'animo mio erano tali, quella sera, e così scombussolato era il mio spirito che ogni più piccolo avvenimento produceva sui miei nervi l'effetto d'una punta di fuoco. Letta appena la lettera, dubitai di sognare. M'annunziava un'eredit

Passai per la stanza dove la sera innanzi avevo ricevuto dalla bocca di mia madre la rivelazione improvvisa. Riudii l'orologio a pendolo che aveva segnata l'ora; e, non so perché, quel tic tac sempre eguale aumentò la mia ambascia. Non so perché, mi parve di sentir rispondere alla mia l'ambascia di Giuliana, a traverso lo spazio che ancora ci divideva, con un'accelerazione di palpiti concorde. Camminai diretto, senza più soffermarmi, senza evitare lo strepito dei passi. Non picchiai all'uscio ma d'un tratto l'apersi; entrai. Giuliana era l

E la luce moriva. E Pietro non si moveva, non si commoveva; teneva ancora gli occhi bassi e la mano scarna allungata in mezzo alla mensa. Incapace di reggere quello strazio, mi slanciai all'uscio, l'apersi e gridai: Giuseppe, una candela! Ma era tardi. Un sibilo acuto, lamentoso, prolungato come il rantolo di un morente; e la tenebra, la paventata tenebra ci avvolse.

Forse l'avevano smarrito alcuni signori usciti quando entravo io. L'apersi, e gli occhi, mi caddero sul passo dove si accenna alla leggenda del Diletto, che mi duole ancora di non conoscer bene, di non sapere a qual popolo appartenga. Mi fece, forse anche per il luogo e l'ora, una impressione tale, mi sentii così improvvisamente rivivere il cuore che n'ebbi sgomento e affanno. Non volevo!

Allora rimasi a lungo ritta nel mezzo della stanza, colle dita intrecciate dietro il dorso, immobile. Non so se mi parve solamente o se davvero qualche cosa di lieve battè intanto contro i vetri. Mi avvicinai alla finestra e l'apersi. Il tempo era sempre minaccioso; mi sporsi fuori sul davanzale guardando giù nel giardino.