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Aggiornato: 7 giugno 2025


Veramente, è come forsennata. Mi fa paura. Or ora non aveva un viso di pazza? e il modo, e l’accento, e lo sguardo della manìa? Gherardo Ismera.

Francesco van Mieris il vecchio, il primo discepolo di Gherardo Dow, come lui minuzioso e finissimo (che appartiene col Metsu e col Terburg, due pittori eminenti per finitezza e colorito, a quel gruppo di pittori del genere intimo, che scelsero i loro soggetti nelle classi elevate della societ

Mentre egli solleva la portiera, ella si volge a guardare suo marito e sua figlia che restano in piedi l’uno di fronte all’altra; e vede che Mortella sorride. La portiera ricade. I due sono soli. Gherardo Ismera. State dunque bene, ora? Mortella. Bene, molto bene, padre d’anima. Ringrazio la vita. Avvicinatevi. Non abbiate paura di calpestare i fiori. Gherardo Ismera.

GHERARDO. Somiglia quella benedetta anima di sua madre. PASQUELLA. Dice il vero. Oh quanto ben faceva quella meschina!

Io non ebbi mai altro padre che Virginio altra madre che Giovanna. Voi mi parete una bestia. Che vi credete, forse, ch'io non abbi alcun per me? GHERARDO. Virginio, sai che dubito? che, per maninconia, non abbi a questa povera giovane dato volta il cervello. VIRGINIO. Trist'a me! ch'io me n'accorsi fino al principio, quando vidi che con poca pazienzia mi venne innanzi.

PASQUELLA. Ché non lasciate andar or quel giovine? Che ne volete fare? GHERARDO. Che ne vo' fare? Accusarlo al governatore; e farollo gastigare. PASQUELLA. O forse fuggirá. GHERARDO. E io l'ho rinserrato drento. Ma ecco Virginio. Apponto non volevo altro. PEDANTE, VIRGINIO e GHERARDO. PEDANTE. Io mi maraviglio, per certo, che giá non sia tornato a l'ostaria; e non so che me ne dire.

Sono il padrone della mia vita e della mia morte. Mortella. Badate. Nessuno è padrone della sua vita e della sua morte. Gherardo Ismera. Che mi vale la vita? e che la morte? O povera! E che cosa mai potr

Ah, vedo: Mortella v’ha un po’ sbigottito con le sue evocazioni funebri... Davvero è possibile che sentiate farsi più grave quel certo peso di cui ella vi carica? Gherardo Ismera. È possibile, signora. Giana. Che dite mai? Gherardo Ismera.

FABRIZIO. Gli spagnuoli. VIRGINIO. E adesso donde vieni? FABRIZIO. Di campo. VIRGINIO. Di campo? FABRIZIO. Di campo, . GHERARDO. Non ne sia fatto nulla. VIRGINIO. Oh sventurata a te! FABRIZIO. Questo sia sopra di voi. VIRGINIO. Gherardo, di grazia, mettiamola in casa tua, ch'ella non sia veduta cosí. GHERARDO. Non farò. Menala pure alla tua. VIRGINIO. Per mio amore, fa' un poco aprire l'uscio.

Ben v'en tre vecchi ancora in cui rampogna l'antica eta` la nova, e par lor tardo che Dio a miglior vita li ripogna: Currado da Palazzo e 'l buon Gherardo e Guido da Castel, che mei si noma francescamente, il semplice Lombardo. Di` oggimai che la Chiesa di Roma, per confondere in se' due reggimenti, cade nel fango e se' brutta e la soma>>.

Parola Del Giorno

quell'autorevole

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