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Aggiornato: 18 giugno 2025


"Il giorno dopo stavo fuori della tenda, non ancora perfettamente snebbiato dai fumi della sera prima ed ero malinconico. Pensavo a mia madre; mi pareva di vederla nella sua poltrona di velluto verde, così bella ancora e così interessante nel suo pallore di donna delicata, volti il cuore e la mente all'unico figlio che adorava e che si trovava tanto lontano.

D'altronde, lui ha i suoi trentasei anni, e certi fumi gli son passati... Per me poi, mi vergognerei di pensarci. Son contenta così; e contenta io, contenti tutti. Siete una brava donna sentenziò la Meroni. A proposito, potreste prestarmi un mezzo pane? Ve lo restituirei domani mattina... Pane?! Se siamo rimasti tutti senza!... Io non ne ho mangiato... non ne ho neppur visto...

Questa volta è il polacco che pensa al modo di deviare possibilmente la conversazione. Bisognava che quella domanda lo molestasse alquanto. Ma i fumi del vino salendogli alla testa gli avevano offuscate le facolt

Si era alle frutte, e l'allegria, insieme ai fumi del vino, vaporava dai cervelli al trono dell'Onnipotente, ma trovando per via i casigliani del pian di sopra ai quali non doveva tornar troppo piacevole quella posizione intermedia.

I fumi delle vivande e del vino rendono la conversazione vivace, lo spirito pronto, l'animo espansivo ed allegro. Quell'agape fortunata fu lieta dal principio alla fine, ed io me ne ricordo i più minuti particolari, perchè segna nella mia vita un punto memorabile. Quel giorno, cadendomi un velo dagli occhi, ho potuto scoprire ciò che prima m'era sempre sfuggito alla vista.

La Falsa-Testuggine sospirò profondamente, e con voce talvolta soffocata da singhiozzi, cantò così: "Astro di sera! O verdeggiante e ricca Zuppa che fumi in concava zuppiera! In te rapito il cucchiaion si ficca, E ne riempie una scodella intiera! Astro di sera! deliziosa Zuppa! In te il mio pan s'inzuppa! E di te canto o Zup pa! Canto all'Astro di sera; Canto la tua bont

si cantò non Bacco, non Peana, ma tre persone in divina natura, e in una persona essa e l’umana. Compié ’l cantare e ’l volger sua misura; e attesersi a noi quei santi lumi, felicitando di cura in cura. Ruppe il silenzio ne’ concordi numi poscia la luce in che mirabil vita del poverel di Dio narrata fumi,

Quand'ero adolescente, io venivo ogni sera a mendicare oblìo sotto bassi soffitti, saturi di luce, seguìto da allegri compagni, l'uno a braccetto dell'altro, e coi Fumi, miei vecchi amici fedeli, agili e beffardi giocolieri d'azzurro vestiti e di grigio-perla, abilissimi nell'arte di far scomparire le apparenze con una piroetta, e d'imbrogliare i fili delle nostre memorie.

Fumi troppo, ti far

Come dinanzi a Borea nebbie e fumi, così di l

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