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Dunque... deciso! Deciso! risposi risolutamente. Ed io ripresi il cammino del convento coll'animo più agitato che mai. La risoluzione della Ascolana, sebbene naturalissima, fu come una pietra lanciata nell'onda tranquilla dell'anima mia. Le mie finanze non si erano fino a quel giorno aumentate di un solo baiocco.

Il marchese Popoli cova con amore il portafoglio delle finanze del Regno d'Italia, ed avrebbe finito per ottenerlo anche col conte di Cavour, il quale non era al postutto un diavolo così tristo e così intrattabile come lo si avrebbe voluto far credere. Pepoli professa oggi dei principii che lambiscono quasi il radicale, come tutti i pretendenti.

Lungo il cammino noi incontravamo dei viaggiatori, i quali ne facevano parte delle loro provvigioni. L'Ascolana era prostrata di forze. Il nostro vecchio compagno più volte era caduto nel mezzo della via colla disperazione della stanchezza. Quando piacque a Dio, giungemmo a Monte Rotondo, grossa borgata a quindici miglia da Roma. Le nostre finanze erano ridotte all'estremo.

Appena fummo nel cortile, cominciò un andirivieni di ministri e d'altri personaggi, ognuno dei quali fece un quarto d'ora di conversazione coll'Ambasciatore, palpandosi i piedi. Il ministro delle finanze fu quello che attirò più di tutti la mia attenzione. Era un moro sulla cinquantina, di aspetto severo, sbarbato, tutto vestito di bianco, con un grosso turbante.

In tutta la serie degli impiegati superiori, io non trovo dal primo all'ultimo giorno della repubblica che due soli stranieri, Avezzana, ministro di guerra, e Brambilla, membro della commissione di finanze; e romani erano i due colleghi di quest'ultimo, Costabili e Valentini. E l'esercito?

Ministero delle finanze: PRINA, predetto, Ministro CUSTODI Pietro, segretario generale SOLDINI Andrea, PETRACCHI Angelo, AMANTE Giovanni, REINA Giuseppe, MARCHINI Bartolomeo, capi di divisione.

Uno studioso di scienze economiche che conosce profondamente le finanze della Repubblica, mi diceva un giorno: Se si fosse dovuto studiare a bella posta uno speciale sistema di governo e di finanza per rovinare questo paese, non si poteva far di meglio che applicare i sistemi che sono stati applicati!

La Marina: «Sto a bocca chiusa». Le Finanze: «Rimarrò cheto come olio». L'Istruzione Pubblica: «Terrò la lingua a cintola». La Guerra: «Fate conto che io l'abbia lasciata al beccaio». L'Agricoltura, Industria e Commercio: «Non fiato più». La Grazia e Giustizia e Culti: «Eccomi imbavagliato».

Pepoli fu quindi membro della Costituente delle Romagne; poi ministro delle finanze dell'Emilia, quindi commissario regio nell'Umbria, ove spiegò un vero ingegno amministrativo.

Non avevamo esercito, non forza capace di reprimere; e in conseguenza degli abusi anteriori, le nostre finanze erano impoverite, esaurite. La questione religiosa, maneggiata da uomini capaci e interessati a trarne tutto il partito possibile, era facile pretesto a torbidi con un popolo dotato di splendidi istinti e di aspirazioni generose, ma intellettualmente poco educato.