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AP. Dio vi salvi. DIC. Che c'è di nuovo Apistio? AP. Noi desideriamo d'intendere le nuove da te, conciossiachè Fronimo qui ed io siamo venuti qua per udire insieme con esso teco la Strega delle cose che si fanno nell'altro mondo, se te ne contenti però. STREGA. Ohimè!

Dove è il Maire?... Domandiamo a un villanzone che scaldandosi le mani alla stufa andava tanto in brodo di giuggiole da non avvedersi nemmeno che noi eravamo entrati. Son io Ci risponde questo con certo sussiego. Cosa desiderano? Cosa desideriamo?.... Ci vuoi poco a capirlo!... Un biglietto d'alloggio. Sapristi!,.. Vi pare ora conveniente? Siamo arrivati ora!...

Garibaldi non è rimasto insensibile alle dimostrazioni de' livornesi. Egli è rimasto, sperando cosí di essere piú utile alla Sicilia in particolare ed alla causa italiana. Noi desideriamo che egli venga preposto immediatamente al comando supremo delle nostre truppe, per ricondurle alla disciplina e all'amore della patria, che sempre dovrebbero sentire».

Del resto desideriamo che la felicit

Ella soffocava fra i palpiti tumultuosi del cuore, tuttavia rispose con voce ferma: Non ho che una parola e per mostrarti quanto la mia risoluzione sia irrevocabile, ti prego ad effettuare il matrimonio al più presto possibile. Ma è ciò che io e Diego desideriamo, cara figlia mia, mormorò il conte con espansione.

Del resto desideriamo che le sue grandezze sieno sempre in aumento. Senza data. In luogo di sottoscrizione è posto a tergo della lettera il bollo regale che dice: Servo del re dei re SHÀH ABBAS. 1621, 4 febbraio, in Pregadì.

Terminato questo discorso il prete stette ad aspettare. Gli operai si consultarono fra loro a bassa voce, poi uno parlò a nome di tutti: Non piace nemmeno a noi stare in ozio, e desideriamo riprendere i lavori; siamo disposti a cedere qualche cosa, se anche il principale far

Eppure quel giorno Camilla, traviata dalla gelosia, non era alla solita altezza. Esse risposero sorridendo ai saluti di coloro che entravano. Perdonate, principessa, la mia brusca partenza, disse Federico inchinandosi a donna Maria. Oh che dite, cugino? Siete in casa di buoni parenti; trattateci come tali: noi lo desideriamo, n'è vero, principe? E si volse sorridente allo sposo.

Vero è che il nome d'«indigenza» pare che strettamente importi il bisogno delle cose necessarie solamente, onde quel disiderio, che averei io d'un quadro di Tiziano, non possa dirsi propriamente ed in istretto significato d'«indigenza». Ma a chi volesse all'indigenza delle cose nel suddetto testo cosí angusti confini costituire, ben difficil cosa sarebbe non meno salvar il detto del filosofo che determinare i confini stessi a cotali indigenze, indicando sin dove s'estende la pura necessitá degli uomini, e di dove incominciano i loro disidèri stessi ad essere voluttuosi; mentre pur troppo siamo costumati a dire d'aver bisogno di tutto ciò che, non l'avendo, desideriamo, e le cose stesse ad uno possono dirsi voluttuose e superflue, che ad un altro saranno necessarie ed oneste.

Or io mi son mosso a darle soccorso ché non la vegga miseramente morire; ed è gran pezza che mi deve star aspettando. Ma io non veggio per qui Leccardo, come restammo d'appontamento. DON FLAMINIO. Io sento genti in istrada, non so se potremo mandar ad effetto quanto desideriamo: dovevamo cenar prima.