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Aggiornato: 16 maggio 2025


Mi sarei spiegata prima d'ora, Federico, fors'anco sarebbe stato mio dovere; ma volevo evitarvi una pena; eppure.... sarebbe stato meglio. Deh terminate!

Se io dissi dianzi esser tuo, mentivo per la gola: io tuo servo sono tu mio padron sei. Io altro padrone ho; tu altro servo ti procaccia. LIDIO femina. Tu mio sei ed io tua sono. FANNIO. Deh, il mio Fessenio! FESSENIO. Che voglion dire tanti abbracciamenti? Oh! oh! oh! Trama c'è sotto. FANNIO. Andianne qua da parte, che tutto ti diremo. Questa è Santilla sorella di Lidio tuo padrone.

Rispose il prete: I'ho de' gran pensieri veder Marfisa ancor maggese starsi, e sentire i discorsi della piazza, che non fanno vantaggio a una ragazza. Disse Marfisa: Prete mio da gabbia, deh, dimmi un poco che di me si dice; e cominciava accendersi di rabbia, facendo sulle guancie la vernice.

Ben si de' loro atar lavar le note che portar quinci, si` che, mondi e lievi, possano uscire a le stellate ruote. <<Deh, se giustizia e pieta` vi disgrievi tosto, si` che possiate muover l'ala, che secondo il disio vostro vi lievi, mostrate da qual mano inver' la scala si va piu` corto; e se c'e` piu` d'un varco, quel ne 'nsegnate che men erto cala;

Così dicea: deh rinforzate i passi, Guerrier di Colco, in duro tempo apparsi Rodi a domar, chè sbigottiti e lassi I Turchi per lo campo omai son sparsi: È ver ch'a fronte, e coraggiosa stassi Contra il fiero AMEDEO l'alta Anacarsi, È certo ver, ma non è buon consiglio Lasciar sua vita in mortal periglio.

E avendo veduto che Lamperth aveva come accennato del capo in atto di adesione, dopo un istante di silenzio, afferrò le sue mani, si sollevò un poco sul guanciale, e gli disse con suono di voce supplichevole: Lamperth, mio buon amico, ve ne scongiuro, deh! procuratemi un veleno.

ché, se l’antiveder qui non m’inganna, prima fien triste che le guance impeli colui che mo si consola con nanna. Deh, frate, or fa che più non mi ti celi! vedi che non pur io, ma questa gente tutta rimira l

Deh se nel patrio regno ambo i parenti Tu pur lasciasti e la gentil consorte, Vaglia il nome di lor che rammenti De' miei, ch'afflitti piangeran mia morte. Non son queste saette oggi possenti Del campo estinto a ristorar la sorte: Asia per te de la vittoria è priva; Che monta omai, ch'io di quì fugga, e viva.

Sulla compassionevole scena tenevano fisso l'occhio due altre persone, con sentimenti, deh come diversi: Alpinolo e Ramengo, giacchè era lui appunto il confratello insultatore. Il primo, sotto all'aspetto di scellerato, copriva un generoso pentimento, un'immensa compassione, che nella fine lagrimata di quegli esseri virtuosi, gli faceva dimenticare affatto come, tra pochi momenti, avrebbe anch'egli a seguitarli di l

BALIA. Fermati, figlia mia, non correr con tanto impeto, frena questo pensiero con qualche ragionevol discorso, non ti lasciar cosí vincer dal dolore e dalla disperazione, perché di tante hai eletta la piú perigliosa, precipitosa e disperata rissoluzione. CINTIA. Balia mia, vorrei maledir mille volte l'ora che nacqui: deh! perché non mi soffocasti nella cuna?

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