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Aggiornato: 5 maggio 2025


Ma fatte d'umor memorie antiche Dentro il seno del tempo anco ben chiare, Benchè per uso a gioventute amiche, Al giovinetto cor poco eran care; Ben, se mai giunse ne le piaggie apriche Ove Scamandro se ne corre al mare, Ei chiedeo, come ardesse, ed in qual loco L'armata argiva per l'Ettoreo foco;

Se il conte Zaccaria era disposto quella mattina a veder tutto color rosa, la nobildonna Chiaretta, sua illustre consorte, pessimista per indole, s'era svegliata d'umor più nero del consueto. Essa diceva chiaro alla cameriera che non vedeva l'ora che questa baldoria finisse, e ch'era una vita da cani, e che, se durava ancora un mese così, ci avrebbe rimesso la pelle. Meno male se l'amor proprio fosse stato soddisfatto. Ma ci voleva quel grullo di suo marito per contentarsene. Ormai tutti potevano avvicinare i Sovrani, tutti potevano andare a Corte, ed ella aveva avuto l'umiliazione di trovarvi certe donnette che non avrebbe ricevuto in casa sua, certe contesse di princisbecco che non si sapeva di dove venissero. Al gran ballo poi sarebbe stato uno scandalo addirittura. Eran stati messi in giro duemila inviti e s'era dovuto discendere fino ai nobili dell'Ordine dei segretarii, fino ai cavalieri della Corona di ferro di terza classe, fino ai mercanti arricchiti e alle loro femmine. Che più? Si diceva, ma questo la contessa Chiaretta non voleva crederlo, che ci sarebbe stata anche la moglie d'un banchiere ebreo. In verit

Il principe di Gorreso il giorno stesso in cui il Venosa pativa tali trepidanze, d'umor allegro più del solito, con un vero riso di gioia nell'anima, era uscito: avea fatto una lunga passeggiata, poichè la temperatura era dolcissima: e quindi, per riposarsi, se n'era andato al suo Circolo, il più aristocratico Circolo di Napoli.

È un fatto che Leonardo Bollati, un giorno in cui egli era d'umor più trattabile, aveva detto alla moglie che, in fin dei conti, se gli offrissero un buon impiego, egli avrebbe forse la degnazione di accettarlo. Una simile idea può parere strana in un uomo di quella tempra e di quella vita, ma la si spiega benissimo ove si consideri che il 22 marzo aveva portato uno sconvolgimento profondo nelle abitudini dei Veneziani. In condizioni ordinarie non c'è popolazione più metodica di questa; la gente si reca ogni giorno alla stessa ora agli stessi ritrovi; alla distanza di dieci anni voi vedete dietro le vetriate dei soliti caffè i soliti visi con qualche ruga e qualche capello bianco di più; quelli che mancano, mettete il vostro cuore in pace, molto probabilmente son morti. Entrate, e sentirete, non dico gl'identici discorsi, ma l'identico modo di discorrere, di sparlare del prossimo, di spropositar di politica, di gridar la croce addosso agli amministratori del Comune. Ciò che vale pei caffè, vale pei teatri, per le conversazioni, per le osterie, per le passeggiate: ciò che vale per un ceto di persone vale per tutti. Gli amici si vedono, si lasciano, si rivedono tre o quattro volte nel corso di ventiquattr'ore. Che amici! si dir

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