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Aggiornato: 28 luglio 2025
Ma vi ha di più: io sono lieto di potervi oggi recare una nuova prova meravigliosa della precoce potenza, con la quale Alessandro Manzoni sentì sè stesso. Uno de' più geniali amici della sua vecchiaia, il professor Giovanni Rizzi, poeta gentile e sapiente educatore, conservava inedito presso di sè un mirabile Sonetto, composto dal Manzoni nell'anno 1801, il che vuol dire sul fine del suo quindicesimo o sul principio del sedicesimo anno della sua vita. Egli mi permise, per tratto di grande amorevolezza, in questa occasione a me tanto solenne, di levarlo dall'oblio immeritato, in cui rimaneva da settantasette anni. È, come vedrete, un ritratto fisico e morale che lo stupendo giovinetto faceva di sè stesso; vi è qualche cosa d'ingenuo nell'espressione, ma nel tempo stesso vi si ammira, insieme con una grande e preziosa sincerit
Non ambir le pompose loquele, Che la turba volgar non intende: Il Vangel che rapisce ed accende, Par d'ingenuo fanciullo il sospir. Del possente Manzoni l'energico Inno a te vola: Io versar solo gemiti e lagrime Posso a' tuoi piè. L'alto carme ispirai d'Isaia, Ma pur d'Amos la rozza parola Ogni labbro sublima, consola, Se gli umani richiama ver me.
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