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Aggiornato: 9 giugno 2025


Lo sperar tolleranza in animi irrigiditi da un'antiquata presunzione forse è uno sperar ciriegie il gennaio: tuttavolta a certe poche persone noi crediamo di dover gittare questa parola di propiziazione: Usate tolleranza, o signori; e se non vi spiace, imparatela da noi medesimi. Noi crediamo che la storia letteraria del signor Bouterweck sia in totale un libro buono davvero.

⁴⁹ Non crediamo di privare i nostri lettori del seguente aneddoto, che serve a dimostrare la profonda convinzione che avevano i nostri Dottori sulla inutilit

Quanto poi alla nobile offerta del Serafini, noi crediamo sia la più bella lode il narrarla, aggiungendo come esso non ne abbia mai fatta parola ad alcuno prima poi. Continuarono la via in sembianza di cacciatori sull'argine sinistro dell'Allacciante, fino all'imbocco in questo del fosso minore detto Fontino.

, crediamo noi pure che si possa essere valente poeta anche senza pareggiar Dante; ma crediamo altresí che il De Mena ne rimanesse tanto al di sotto da non meritare nome di scrittore piú che mediocre.

Solo ti preghiamo, o lettore, di non interpretare sinistramente questo nostro silenzio e di crederci rispettosi davvero verso quegli ingegni, perché li crediamo in accordo coi lumi del secolo e non co' pregiudizi della ignoranza orgogliosa. Il signor Ginguené scrisse in Francia l'intera storia della letteratura italiana.

Non passò l'anno che la morte, giudicandolo colle sue stesse parole, le trascriveva pel suo funerale. Noi crediamo ancora che i morti s'incontrano in qualche luogo.

Lo so, il nostro risorgimento nazionale avrebbe dovuto essere integrato da una riforma religiosa. Il male si è che le riforme religiose non si fanno che dai popoli credenti, e noi crediamo troppo poco. Siamo simili a chi abbia sul focolare domestico un mucchio di ceneri calde.

Le cose giudiziose che vi s'incontrano per rispetto a Dante, al Petrarca, all'Ariosto, al Machiavelli, ecc. ecc., o vogliono essere riportate tutte, o vogliono essere taciute. Crediamo dunque miglior partito quello di dar qui un epilogo del discorso finale con cui l'autore conchiude la storia della letteratura italiana.

Che perché noi crediamo la grave pietra discendere, non è perciò la nostra openione cagione de la veritá de lo scendere de la pietra; ma bene il discendere di quella è cagione perché vera sia la nostra openione e credenza. Ma perché mi distendo io in piú parole?

Allora, le parole del duca di Majoli gli tornavano alla memoria, come un rimprovero, come un'accusa. «Crediamo sempre d'esser sinceri, ma la sincerit

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