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Aggiornato: 17 maggio 2025
Gli ordinamenti dell'abbazia sono da quel tempo rimasti come erano stati fissati nel 1753; il cardinale-abate possiede uno dei più ricchi beneficî della chiesa; i monaci, non più signori di castelli e di vassalli, hanno ancora molti beni e coloni; i loro possessi, coltivati a olivi ed a viti, giungono sino ai piedi dei monti Volsci.
Questa fu la fine dell'ordinamento medioevale della famosa abbazia, e da quel tempo la sua storia perdè ogni interesse. Però fra i suoi cardinali-commendatori ve n'è uno notevole per avere efficacemente favorito, secondo le esigenze dei nuovi tempi, la civilizzazione di quella regione, ed è Pio VI, Braschi, che, nominato cardinale-abate nel 1773, rimase tale anche quando fu fatto papa, e colmò Subiaco di beneficî. Oltre alla costruzione di vari edifici, come la cattedrale, un grande seminario, il restauro del palazzo, ed altro, suo titolo principale alla riconoscenza di quella popolazione è la bella strada che, lungo l'Aniene, conduce a Tivoli: per mezzo di questa strada egli collegò l'abbazia alla capitale della regione. I cittadini di Subiaco gli innalzarono perciò un arco di trionfo, sul modello dell'arco di Tito; è un ornamento di quel luogo che il medesimo pontefice aveva fatto diventare citt
Urbano VIII, capostipite di questa ricca casa, assegnò la commenda al nepote Antonio, nel 1633; da questo tempo i Barberini seppero molto bene seguire l'esempio dei Colonna, poichè per 105 anni l'abbazia rimase nelle loro mani; Antonio accrebbe anche la potenza del cardinale-abate; aggiunse al diritto di giurisdizione baronale anche quello vescovile, che fino ad allora avevano esercitato i vescovi confinanti di Tivoli, Anagni e Palestrina, sui diversi castelli.
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