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Aggiornato: 28 maggio 2025
Quando nell’ottobre del 1772 una vera alluvione venne a guastare la festa data dal Vicerè Fogliani a tutte le classi della cittadinanza a Mezzo Monreale, i cantastorie fecero argomento delle loro colascionate la rovina delle vesti e delle superbe pettinature delle donne non nobili; ed un poetucolo ne traeva ragione di avvertimenti alla citt
Cotesta razza di buffoni e di cantastorie brulicava per tutta Europa. Campavano generalmente alle spalle dei gran signori, o dei Comuni (e anche quel di Pistoia ne aveva allora uno suo, denominato Gazzino) ed erano il trastullo di tutte le Corti bandite. Recavano da un paese all’altro novelle di pubblici casi e privati, in mancanza di gazzette e di chiacchiere a stampa; e per questo, e perchè con arguti motti pungevano e destavano il riso, erano, si sa, accarezzati da tutti. Nelle parti però di Toscana, dove il feudalismo, più che altrove, andava scemando, e Corti non v’erano, se ne contavano pochissimi. Costui infatti era venuto di Lombardia e dimorava da qualche tempo in Firenze. Il quale, come seppe di questo straordinario concorso, vi venne subito per tentare un guadagno. Eccolo l
Eh! monello, gridò nuovamente quell'uomo, tu mi burli, pezzo di ladroncello, di vagabondo, di cantastorie; fino a che tua madre cantava, io ci credevo, ma ora che so esser moribonda, voglio esser pagato. Tigre! gli urlò la donna, abbi piet
Le infinite baracche dei saltimbanchi, i giuochi improvvisati lungo la strada, la gente che si affollava intorno ad un vaporino che conduceva intorno il porto, i cantastorie ambulanti ci offrivano un bel colpo d'occhio, ma ci raffermavano sempre più nella nostra opinione.
E frattanto angustie o querimonie eran pascolo giornaliero di più che millecinquecento moniali, ed i cantastorie di piazza sotto le loro finestre e presso i parlatorî le venivano frizzando col canto della «Storia nuova delle monache indebitate», e ripetendo ad ogni strofa l’intercalare, che faceva ridere il non colto pubblico: Dijuna, o monaca, fa’ pinitenza: Scutta li sfrazzi fatti a cridenza!¹⁷¹.
Oggi, per esempio, ci riempiamo la bocca col tronfio assioma che l'arte è e dev'essere aristocratica, quasi l'arte non fosse stata tale in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Niente di più aristocratico di Omero, che pure ai suoi tempi era un cantastorie poco diverso, per certe circostanze, dai ciechi siciliani che vanno pei larghi e per le fiere a stonare le storie in versi dei paladini, dei briganti famosi, dello sbarco di Garibaldi a Marsala e della sua gloriosa entrata in Palermo. Ma la divina aristocrazia di Omero non consiste però in una nebulosit
Cantastorie e figurinai giravano pei villaggi celebrando la magnificenza dell'impero; e riportava dovunque un gran successo la poesia sublime di quella canzone da organetto, che dobbiamo alla musa di Emilio Girardin: Si vous voulez un bon, Prenez Napoléon!
Qui come negli altri rioni fanno le loro frequenti affacciate i soliti cantastorie col loro ricchissimo repertorio di pratiche religiose per tutte le feste dell’anno, di preghiere per tutti i giorni della settimana, di orazioni per tutti i santi di Palermo, di leggende per tutti i fuorusciti della Sicilia e per tutte le novit
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