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Aggiornato: 6 giugno 2025
Nella letterina accompagnatoria la contessina Polony diceva: «Caro Cresti, mi dicono che stamattina io ho pronunciato parole dure e scortesi contro il migliore de' miei amici: e devo pur credere, perchè non posso dubitare de' testimoni. Ma io non ho coscienza di nulla, glielo giuro, mio buon amico. Quando mi hanno richiamata ai sensi, tornai in me stessa come chi si sveglia da un sogno grave e fastidioso, di cui conserva l'impressione e lo spavento, ma non ricorda più i particolari. Flora, sveglia nella sua coscienza, non avrebbe mai osato dire una parola cattiva al suo buon Cresti, all'amico di casa, al benefattore, proprio in un momento in cui stava scrivendo la lettera che chiudo in questa. Non è tutta la risposta che le dovevo e non trovo opportuno questo momento per darla: forse nemmeno lei la vorrebbe da me in queste condizioni: ma glie la mando come un documento per dimostrarle, mio tenero amico, che se una parola cattiva è uscita da questa bocca, non è Flora che l'ha detta, ma una febbre o una suggestione misteriosa, che mi tolse ogni responsabilit
Mi rammento, disse tornando al suo posto, quando voi abbruciaste la pergamena. Che! ne parlerete ancora?... Perchè no? Feci male forse? Comincio a credere che faceste bene. Ma in qual modo vi giunse quella lettera? Mi fu inviata da donna Maria. Ella? Sì, guardate la sua accompagnatoria. E le mostrò la lettera della giovane principessa. Donna Livia la scorse.
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