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Non iscordar, bell'angelo, Che prima donna sei; Poichè il libretto è serio, Morir con me tu dei.... In barba al re baritono, Al basso e ad altri ancora, Infino all'ultim'ora Noi canteremo insiem. PRIMADONNA. O mio spavento! TENORE. I timpani!.... PRIMADONNA. Tu pure udisti?.... TENORE. Ho udito.... PRIMADONNA. Sempre quel suon funereo.... Precede mio marito.... Propizie a noi le tenebre Saran....

Meno poche eccezioni, dormivano tutti. Quando alla fine dell'atto non intendevano più il suono della tua voce, si svegliavano ed applaudivano con frenesia, per far credere che ascoltassero. Gli applausi più clamorosi li udisti alla fine, e volevano dire: finalmente è finita la noia, e incomincer

Tu provi i miei dolori. Tu comprendi le mie sofferenze. Tu indovini i miei pensieri. Tu udisti come me ciò che occorse nel boudoir di mia moglie, mentre io mi torceva negli artigli del male, Ivan, io mi batto domani con mio fratello... Se io muoio... ella non deve vivere. Padrone, codesto duello è desso inevitabile? Inevitabile! Noi non possiamo più vivere insieme in questo mondo.

Felice te! che il regno ampio dei venti Ippolito a' tuoi verd'anni corresti, E se il pilota ti drizzò l'antenna, Oltre all'Isole Eolee, d'antichi fatti Certo udisti suonar delle Carridi I liti.

Per un fiore appassito nel libro dei ricordi rugiada è una lagrima di dolore. Non passasti mai a sera davanti alla chiesa delle monache? Non udisti il canto delle litanie? Oh! prega requie per le povere morte-vive: pensa che quella poesia d'amore è più accetta a Lei se esce dalle bocche che cantano la ninnananna accosto ad una culla.

Perchè mi vedesti felice al suo fianco, udisti il suono della sua voce e la mirasti ascoltare benevolmente le mie parole. Perchè contemplasti la mia sommissione e vedesti i miei occhi inalzarsi a lei supplici. Perchè udisti il suo riso e ammirasti la gentilezza della sua persona.

L’uno era un bimbo, in un candor soave di trine, e lo cullava un pio cantare: l’altro era un marinaio in mezzo al mare, e lo cullava il ponte della nave. Miniera di Senghenydd. Ottobre 1913. Georg, biondo atleta: non udisti un rombo sovra il tuo capo?... uno sparar di cento cannoni, a un tratto?...

Quivi si giace la mia arte. Asciuga gli occhi e sii calma. Questa spaventosa vision del naufragio che percosse la virtù in te della compassione, con la sola potenza di mia arte comandata ho così sicuramente che non una sola anima che dico? non un solo capello di coloro che tu udisti gridare, che vedesti sprofondare nell'onde è andato perso.