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Una pace di tomba; gran bella cosa! esclamò il serafino, E credete di fare il vostro dovere? Anzi, dirò di più, credete di non esser debitore di nulla al mondo, per poter farne impunemente ciò che fate? Signor priore, lasciate che una donna, una fanciulla, si attenti di darvi una lezione; direte poi se ho torto, ed io m'inchinerò al vostro giudizio. Voi, ammaestrato dall'esperienza, m'istruirete nei misteri della vita, nelle guerre ch'io non conosco, nelle vilt

Io mi sbrigherò in pochi versi, perchè la mia storia è molto comune. Ho creduto di amare.... E vi hanno tradito? chiese il serafino, interrompendo. Ma qui c'è da farne due, di libri. No, v'ingannate. Se m'aveste lasciato finire! Ho creduto di amare.... e non era vero.

Vedo l'aria di trionfo con cui mi fate la vostra domanda; notò il serafino. Gi

E nel profferire la frase guardò involontariamente il priore. Era bello, il padre Anacleto, con la sua barba nera e lucente, i suoi grandi occhi turchini, le labbra di corallo tenero, e la pelle fine, morbida e perlata, che somigliava ad un fiore di pomo. Inoltre, parlava con un accento così dolce, e così penetrante ad un tempo! Il serafino non aveva mai osservata prima d'allora una cosa simile.

E contento di quella scoperta, il padre Prospero s'inchinò con quell'aria di fiat voluntas tua, che soleva assumere ogni qual volta il serafino biondo mostrasse di voler qualche cosa per davvero.

Al quale, dopo tutto, quel serafino biondo appariva quasi un raggio di sole nel cielo grigio ed uniforme di San Bruno.

Il padre Agapito non era rimasto maravigliato come gli altri. Che il priore fosse innamorato del serafino biondo egli lo sospettava da parecchi giorni; e da ventiquattr'ore, poi, sospettava anche dell'altro, cioè a dire che fosse riamato. Gli avevano messo quella pulce nell'orecchio certi discorsi fatti alle Querci, dond'era per l'appunto ritornato al convento con quell'aria di cattivo umore, che ho gi

Del resto, l'idea di una fuga del serafino biondo non veniva molto chiara alla mente del priore. Non vengono mai chiare e spiccate alla mente che le cose vagheggiate un po' a lungo o più profondamente desiderate. Infatti, vedete, gli veniva chiarissima l'idea che i suoi compagni si sarebbero chetati. Che diamine! Mandar via un novizio che non faceva male a nessuno!

Bisognava vederlo, il nostro serafino, seduto sulla proda del fosso col suo ginocchio piegato, l'albo sul ginocchio e la matita in aria. Il soggetto dei suoi disegni era malinconico. Per la prima volta in sua vita, Adelindo Ruzzani adoperava la matita a copiare gli scheletri. Ma che cosa non si farebbe per l'amore della scienza?

Partirete domani, se così vi piace; soggiunse il padre Anacleto. Dopo tutto, meglio così. E ditemi.... Dove andrete? A Castelnuovo; rispose il serafino, chinando la testa.