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Aggiornato: 25 giugno 2025
Il priore aveva incominciato un discorso di qualche importanza, e si fermava ad ogni tratto, come un uomo che vuol calcare sulle parole; il serafino andava o restava, secondo i movimenti del suo interlocutore, e dava segno di molta attenzione, chinando spesso la testa, in atto di assentimento. C'erano insomma tutti i caratteri d'un dialogo, che non voleva essere interrotto da compagni importuni.
Serafino! mormorò il priore spriorato. Il serafino lo guardò con aria tra ridente e scorrucciata, mettendosi un dito sulle labbra. Che ditino, lettori! Il priore fece involontariamente l'atto di mordere.
Così dicendo, il serafino fissava gli occhi addosso al priore, come se volesse leggergli in faccia il segreto di quella visita. Ah, sì; disse il padre Anacleto; quel sottoprefetto è un cert'uomo!... Che cosa voleva da voi? È lecito saperlo? Ve lo dirò più tardi, padrino Adelindo. Ho bisogno per l'appunto di parlare con voi e con vostro zio, e mi farete la grazia di passare dopo pranzo da me.
Ecco una bella digressione; osservò il padre Anacleto. Come pittura del vostro carattere, la gradisco moltissimo; come lezione a me, non so di averla meritata. Scontroso priore! Nè pittura, nè lezione; replicò il serafino; è stata una dichiarazione preliminare. Dopo di che, vengo subito a dirvi le mie afflizioni.
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