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Io te voglio bene assai E tu nnu pienzi a me. Ora ecco come avveniva l'istoria di quella canzone. La notte che precedeva la famosa festa di Piedigrotta, cioè la notte dal 7 all'8 settembre, il popolo poteva entrare e trattenersi nel giardino pubblico, la Villa Reale. Gli altri giorni, la plebe, in giubba o senza, non vi aveva accesso.

Io?... No... Chella è passata e s'è fermata... Mo mme ne vaco... Anch'ella è vestita a festa e ha una rosa nei capelli, gli orecchini di perle e il crespo giallo nelle spalle. Cca' stammo nuie! Ebbiva 'onna Amalia! Gue'! È stata 'e parola! Bonasera, bella figlio'!... Favurite! Il romore caratteristico di tutti gli altri istromenti di Piedigrotta.

Strane le vicende della Vicaria! Nata come fondaco della Dogana e come sede dei tribunali fra il 1578 ed il 1593 sotto tre Vicerè: Marcantonio Colonna, il Conte d’Albadelista (il famoso jettatore del ponte di Piedigrotta alla Cala) e Arrigo de Gusman, a spese del Senato, l’eterno banchiere che vi erogò centinaia di migliaia di scudi; essa stette sotto la giurisdizione dell’autorit

Fasti non invidiabili, questi, che il Marchese Villabianca nel 1777 consacrava nella sua palazzina di Piedigrotta col mascherone di Mariano Rubbioni, capo popolo nella sollevazione di G. D’Alessi, ucciso da un antenato di esso Villabianca. La pena di Morte variava nella forma secondo che il delinquente fosse plebeo, nobile o civile.

Questa frase l'aveva imparata da suo nonno, che teneva un negozio di coralli in via Chiaia a Napoli. La moglie del nonno una bionda di Piedigrotta, che nella sua radiosa adolescenza aveva posato per molti pittori tedeschi e inglesi aveva detto: «, ma l'educazione è l'educazione». E aveva mandato i suoi tre figli in collegio a Modena e a Milano.

Il secondo giorno dell'entrata in Napoli, alla festa uffiziale nella chiesa di Piedigrotta, Garibaldi, inginocchiato sovra un cuscino di velluto, riceveva, dall'arcivescovo in pontificale la palma che solevasi d'antico offerire l'8 settembre al re delle Sicilie.