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Sui campi e su le strade Silenzïosa e lieve, Volteggiando, la neve Cade. Danza la falda bianca Ne l’ampio ciel scherzosa, Poi sul terren si posa Stanca. In mille immote forme Sui tetti e sui camini, Sui cippi e nei giardini Dorme. Tutto dintorno è pace: Chiuso in oblìo profondo, Indifferente il mondo Tace.... Ma ne la calma immensa Torna ai ricordi il core, E ad un sopito amore Pensa.

Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de l’ampio loco ove tornar tu ardi”.

Nel giardino dell’albergo e per l’ampio viale ch’era intorno alla cancellata, una ressa d’automobili padronali mandava strepito di motori, suoni di trombe, nuvole di fumo. Lentamente avanzavano in fila, per fermarsi a piè della scalinata, ove una folla di bellissime donne, di signorine loquaci, d’uomini decorati e risfavillanti aspettavano con pazienza di veder giungere la propria vettura. Un portiere gallonato chiamava ad alta voce i sonori nomi patrizi dei proprietari di cocchi o d’automobili, man mano che le vetture s’avvicinavano; poi, scoprendosi il capo, ne apriva con solennit

La vista mia ne l’ampio e ne l’altezza non si smarriva, ma tutto prendeva il quanto e ’l quale di quella allegrezza. Presso e lontano, , pon leva: ché dove Dio sanza mezzo governa, la legge natural nulla rileva. Nel giallo de la rosa sempiterna, che si digrada e dilata e redole odor di lode al sol che sempre verna,

La vista mia ne l’ampio e ne l’altezza non si smarriva, ma tutto prendeva il quanto e ’l quale di quella allegrezza. Presso e lontano, , pon leva: ché dove Dio sanza mezzo governa, la legge natural nulla rileva. Nel giallo de la rosa sempiterna, che si digrada e dilata e redole odor di lode al sol che sempre verna,

Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de l’ampio loco ove tornar tu ardi”.