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Di tanto in tanto l'Ottavia, quella sera tutta moine e carezze con lui, per ricompensarlo della spesa dell'abito, gli passava da canto, allargava la bocca, e il signor Niso v'introduceva una tigliata, scoccandole dopo qualche buffetto sull'abito per far cascare le briciole di focaccia o di zucchero, che vi s'erano fermate sopra; e, quand'ella si allontanava le teneva dietro cogli occhi, sospeso, col coltello nell'una mano e la castagna da pelare nell'altra, e pareva, dall'espressione del viso, che egli rifacesse mentalmente la somma di tutto quanto gli era costato quell'abito, di fattura, guarnizioni, fodere e stoffa.

Come? non deve aver paura di lei, di nessuno?... Eppure... eppure, se volessi, potrebbe diventar gelosa di me, la più bella del paese; e che dispetto, quella goffa, dovrebbe allora sentirne in cuor suo!... Ma, e se il Frascolini fosse proprio innamorato?... Che cosa si diranno mai quando si troveranno soli, lui e l'Ottavia?

Ha sentito com'è bravo Alessandro?!... Ha veduto com'è bello?!... E la sindachessa col libretto della lavandaia? Smorfiosa! Ma l'Ottavia non deve aver paura di lei, di nessuno: è la più bella del paese. Ha notato come lo guardava?... Pareva lo volesse mangiare coi baci!

Il Frascolini non lo insolentiva, e non lo minacciava: soltanto si levava il cappello, e inchinandosi profondamente gli gridava dietro ad alta voce: Mi saluti la signora, reverendo! La Veronica e l'Ottavia incontravano spesso il Frascolini nelle loro passeggiate, ma era tal e quale come se non lo avessero mai conosciuto.

Nel mezzo, non inginocchiate per terra come le altre, ma appoggiate a due seggiole, si scorgevano la Veronica e l'Ottavia, tutte e due vestite di nero, tutte e due col manuale di Filotea fra le mani, tutte e due colla medaglietta del Patronato puntata sul petto.

La signora Veronica non era punto mutata: secca, striminzita nell'abitino nero, stinto, di seta gros, aveva sempre il fegato avvelenato dalla gelosia contro l'Ottavia, che adesso le contendeva vittoriosamente l'effetto erotico dei vergissmeinnicht sul vice pretore.

Dorma, dorma sonni tranquilli... E la signorina sorrise un'altra volta salutando colla mano l'istitutrice attonita, e raggiunse la Nena... Sandro mantenne il giuramento. Lasciò gli amici, e approfittando della lite successa, non accompagnò a casa l'Ottavia: la Veronica giubilava e, non avendo di meglio, si sfogava abbracciando il signor Domenico.

Molte volte, per altro, quella furtiva lacrima era avvertita dalla bella Ottavia, che ne rideva malignamente, ricercandone la cagione in una fistola. Del resto l'Ottavia, un bel biondone davvero, sentiva più disprezzo che odio per la rivale. Fiera della sua pinguedine soda e sana, credeva fermamente che dell'amore se ne comperasse così a un tanto al peso.

Scarso presidio per quelle alture insidiate! Il Frascolini, anche dalla scena non la perdeva di vista; e quando la tela era calata, si scorgeva dai buchi del sipario il suo occhio fisso guardare, guardare, sebbene qualche volta, per forza si facesse vedere a lanciare un'occhiata assassina anche sull'altra infelice, che allora, allungava il collo voltandosi verso l'Ottavia con una faccia che voleva dire: Ha guardato me, crepa di rabbia.

Quel seccatore mi tiene d'occhio disse l'Ottavia all'amico; abbi pazienza, vo e torno. E con la maest