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La vita del Manzoni in quegli anni ci è così descritta dal Sainte-Beuve: "Nel 1808 si ammogliava. Occupavasi d'agricoltura e d'abbellire la sua villa di Brusuglio presso Milano; poi tornava in Francia a rivedere gli amici della Maisonnette: e dava il Fauriel per padrino alla sua primonata, imponendole i nomi di Giulietta-Claudina. Così passava i giorni tra la famiglia, le piante ed i versi; e questi tenean forse l'ultimo posto. Il Mustoxidi scriveva da Milano al Fauriel: "Alessandro e gli altri della famiglia godono salute, e spesso vi ricordano. Tutto dedito alle cure domestiche, mi pare che s'allontani troppo di frequente dalle Muse, le quali pur gli furono liberali di santi favori (20 dicembre 1811)." Ma il Manzoni non s'allontanava forse dalla poesia quanto pareva; essa doveva tornare a lui, di a qualche tempo, ricca di nuovi e più santi gaudii. Dato alla famiglia come il Racine, sebbene forse un po' troppo presto convertito verso il 1810 alle idee religiose e alla pratica cristiana, padre, sposo, amico, davasi tutto, con animo pacato, ai più ordinati sentimenti, prendeva i costumi e gli abiti più puri e naturali; pareva vi si seppellisse. Non temete! L'immaginazione sapr

Ma se si pensa che il signor Ginguené scriveva il suo libro dopo l'anno 1810 ed in Francia, che è quanto dire un trent'anni dopo quello del Tiraboschi ed in paese piú illuminato del nostro, chi vorrá perdonare a lui la penuria di filosofia?

Il Manzoni Poeta drammatico. Un psicologo troverebbe argomento di uno studio molto importante, esaminando in qual modo la mente del Manzoni abbia potuto, nel 1815, scrivere, dopo il Carme In morte dell'Imbonati, una Canzone stentata e rettorica, e poi rivelarsi di nuovo, con insolito splendore, nei Cori del Carmagnola. Ma converrebbe pure che fosse aiutato, in questa indagine, da qualche indizio biografico. Ora la biografia manzoniana dal 1810 al 1818, o tace intieramente, o ci dice soltanto che il Manzoni in quel tempo rimase sotto la disciplina religiosa di monsignor Tosi, scrisse alcuni Inni Sacri e s'occupò d'agricoltura. È troppo poco per ispiegarci la singolare, quasi febbrile e potente operosit

Per farsi un'idea delle vandaliche devastazioni, operate dalla rivoluzione nella Provenza, è d'uopo visitare il museo d'Avignone. Trovasi allogato in un palazzo ampio del secolo XVIII. Dopochè il benemerito dottore Calvet fondò questo museo nel 1810, vennero accolte in esso le reliquie delle arti belle tolte dalle chiese, dai conventi, dai castelli feudali, dai palazzi, non di Avignone soltanto, ma ancora dei dintorni. Vi sono rappresentate tutte le fasi del medio evo, fino all'epoca del risorgimento francese, la rénaissance; ed io provai tanto maggior interesse a contemplare questa collezione delle antichit