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Aggiornato: 12 maggio 2025
Epistola in versi Voi franco mi garrite, altri mi mormora Dietro le spalle perchè sol di futili Novellette, di ciancie e di bazzecole O di lesti epigrammi io colmo il mignolo Giornaluccio; nè mai d'Europa ai tumidi Fati consento qualche breve pagina, Nè mi invischio gracchiando alla polemica Che oggidì più che mai ferve in Italia Fra chi in alto è salito e chi si arrampica. «Passò quel tempo.» Anch'io nelle effemeridi Da un soldo strimpellai guerra e politica, E logoro il cervello e guasto il fegato Mi ho nel vano armeggío.
Intanto il Malumbra passeggiando pel cortile dell'osteria, e sopravvegliando perchè a' suoi cavalli si desse orzo e fieno quanto poteva bastare per rifarli del lungo e continuato viaggio, vide due altri cavalli ancora insellati e tumidi di sudore. «Son cavalli di forastieri?» domandò ad un uomo dell'osteria così come suol farsi più per passatempo che per altro.
Il Binda difese prima la villa Panfili, il tre di Giugno in una delle volte, che dopo respinti i Francesi, occupammo il Casino dei Quattro Venti lo preposero a tenerlo contro gli assalti nemici; toccò a lui la parte che prospetta Roma; i Francesi tornati tumidi e grossi instavano con tutte le forze a girare dietro le spalle dei nostri attelati davanti il palazzo: orribile lotta fu quella, la compagnia del Binda ne rimase quasi disfatta, gli ufficiali tutti morti o feriti, ma respinse sempre gli assalitori; lui pure colse una palla nella gamba sinistra, che lo rese inabile alla milizia.
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