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Rientrando nella sua camera da studio, Alberto ebbe l'ingrata sorpresa di trovarsi in un'atmosfera densa ed irrespirabile. La lampada a petrolio s'era spenta; il fungo formatosi in cima allo stoppino mandava un chiarore rossastro. Il professore dovette spalancare la finestra, posar il lume sul davanzale, e lasciar aperto per qualche minuto. Era una notte di marzo limpida e fredda; il termometro all'esterno segnava otto gradi sotto zero; i tetti, bianchi di neve, scintillavano ai raggi della luna. Non saliva dalla strada suono di passi o di voci. Allorchè Varedo si decise a rinchiudere i vetri, anche la stanza era una Siberia, ed egli, messosi a letto, non potè dormire riscaldarsi per quanto si coprisse. Prima dell'otto era in piedi, starnutando e tossendo. E queste furono per lui le prime dolcezze della paternit

Misurati solo dall'angoscia, i minuti gli parevano eterni; c'erano momenti in cui avrebbe creduto d'esser chiuso dentro da più giorni, se il veder che la lampada ardeva ancora non lo avesse persuaso del contrario. Essa ardeva ancora, e gli consentiva di mirar la sua ombra profilarsi sulle tetre pareti del suo sepolcro, e di contar le venature del sasso, e di penetrar con lo sguardo nei solchi profondi che il martello dei minatori vi aveva scavato in altri tempi. Ma a poco a poco la fiamma cominciò ad oscillare; s'illanguidì gradatamente, ora più debole si rianimò a un tratto, e si spense. Per qualche secondo lo stoppino continuò a mandare una luce rossastra, ora più intensa, simile a quella d'un carbone acceso che si avvivi col fiato; poi anche quella luce finì in uno scoppiettìo di scintille, e le tenebre avvolsero il povero prigioniero. Gli venne un dubbio; era proprio il lume che s'era spento, o erano i suoi occhi che non vedevano più? Aveva in tasca una scatola di fiammiferi; tentò di accenderne uno, poi un altro, poi un terzo, ma non vi riuscì in causa dell'umidit

La sera intanto s'era avvicinata e il tucul non brillava per troppa luce, che chi ne spandeva di molto fioca era uno stoppino infitto in una pallottola di grasso conservata in un avanzo di vaso. In complesso la scena era alquanto originale; e più che un banchetto da sacerdote lo avrei detto un festino da falsi monetarii.