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E staremo a vedere! L'ufficio? I doveri dell'ufficio? L'orario? Ma l'ufficio non conta nulla, mio caro, a fronte di tutta una vita, di tutti i ricordi che v'inchiodano al posto ov'è stato il padre. Il padre, capisci? E io dunque dovrei rinunziare alla scrivania di mio padre, alla stanza dov'è stato mio padre, all'aria che ha respirato mio padre! Ah, per esempio! Ma voglio vederlo, perdio!

Ma allora? Se le gioie non debbono essere desiderate, se non conviene neppure rinunziare ad esse, quale sar

Non vi chiedo di rinunziare alla partenza. Mi basta che accettiate l'invito. « Se non si tratta d'altro che di accettare! « Grazie! Penserò poi io a farvi mantenere l'impegno. « Sono molto curiosa di sapere come farete! A che ora, il vostro pranzo? « All'ora vostra consueta, naturalmente. « Io pranzo alle otto. « Resta stabilito per le otto. « Benissimo.

Io nella vasta solitudine che ho intorno non sento voce amica, non vedo uno sguardo luminoso che mi riscaldi. Il mio sogno è scomparso, l'amore del mio cuore è distrutto. Non so di che popolare questo deserto. Ho freddo nell'anima. E lei rabbrividisce allo stesso brivido. È lei capace di un grande sagrificio, signor Cesare? Vuole ella rinunziare ad ogni idea d'amore nel presente e nell'avvenire?

Il giorno alla Biblioteca Nazionale; la sera a coordinare le notizie raccolte, a studiare e a leggere.... Se non erro, osservò Ariberto, la contessa ha detto che sarebbe lieta di vederti lavorare e che nulla le importerebbe di rinunziare ai divertimenti quando ciò ti fosse utile. Tu credi? Perchè dubitarne? Bisognerebbe che io le facessi l'affronto di supporre che mentiva.

Ah, tu credi, bisbigliò questi, chiamandola a posare il capo su la sua spalla, ah tu credi ch'io vorrò rinunziare a te?... È dunque così difficile, a voi donne, penetrare il senso della vostra propria bellezza, e comprendere ciò che potete in noi? Nessuna forza umana, capisci?... arriver

Ma tu cammini come i gamberi! gli aveva detto un giorno Folco ridendo. Lascia fare: ognuno cammina come può! È un gambero filosofico! aveva definito Ariberto Puppi. Egli s'era divertito fino a quel giorno, vedendo la gara di tanti uomini, che tutti, l'uno dopo l'altro, dovevano rinunziare alle loro speranze. Ma d'un tratto, Ariberto non si divertì più.

Egli, perciò, smise di macinar colori, la sola occupazione in cui valesse qualche cosa, e così rispose al maestro: Vedete che caso! Dobbiamo rinunziare a questo piacere. Come? gridò mastro Jacopo. Che cos'è questa novit

Io non voglio rinunziare, io mi abbranco a questa speranza, essa mi deve aiutare a vivere, io voglio amare così, se no, sono perduta e niuno, niuno può desiderare la perdita e la morte di una creatura come me! Ma chi, chi volete amare? gridò lui, levandosi, volendo fuggire, ma non trovandone la forza.

Prima morire che rinunziare al mio progetto. Ed io pure. Un astro novello. Pochi giorni dopo Giovanni aveva mantenuta la parola data al cognato. Il molle ozio non è per me, più volte avevagli detto, o mio Alfredo; ed ozio imbelle io chiamo la vita che meno.