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La diseredazione di Giacomo, ordinata dal padre suo Francesco Cènci, è cosa fuori di dubbio; avvegnadio si ricavi dal chirografo spedito da Clemente VIII a Monsignor Taverna, rammentato nelle note precedenti: «Francisci testamentum in quo Jacobum...... exeredavit, sive ejus successione privavit».

Mentr'ei così speculando attende la occasione, ecco la fortuna mettergliene una nelle mani, ch'egli stesso non avrebbe potuto immaginare più tempestiva, o migliore. Francesco Cènci, come sovente a se medesimo augurava, fu fatale alla sua famiglia non pure in vita, ma parve davvero che anche dopo morto stendesse la destra fuori del sepolcro per afferrare i suoi parenti, e cacciarveli dentro insieme con lui. Quel Paolo Santa Croce parente delta famiglia Cènci, di cui fu tenuto proposito sul principio di questa storia dolorosa, sempre fisso nel proponimento di ammazzare sua madre donna Costanza, non aveva fino allora rinvenuto modo per poterlo fare senza suo manifesto pericolo. Ora accadde che cotesta sciagurata signora si recasse a Subiaco, per curare col vivido aere della campagna la declinata salute. Don Paolo, avvertito di ciò, si conduceva di celato in quelle parti, e presentatolesi dinanzi la uccise senza misericordia a colpi di stile: poi, fatta raccolta del meglio si trovava nel feudo dell'Oriuolo, fuggì la giustizia del mondo, non quella di Dio; conciossiachè si ricavi dalla storia del signor Novaes, come indi a breve egli si conducesse a fare tristissima fine. Per questo caso si sparse per Roma maraviglioso terrore; e il Papa, usufruttandolo in pro suo, si dispose a spiegare rigidezza. Pertanto ordinava si arrestasse don Onofrio marchese dell'Oriuolo fratello di don Paolo, indiziato di complicit