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Aggiornato: 10 giugno 2025
Il racconto terminò con lacrime di tenerezza. Le due amiche salirono sul ponte a passeggiare per respirare le placidissime aure marine. Il nostro Giovanni si rimase nella camera solo. Colla donna del cuor suo era egli felice? ah! pur troppo due cose lo tormentavano nell'anima: l'amore fervente di patria e le nessune nuove della sventurata sorella.
Quanti ostacoli da rimuovere; quante angoscie, fino allora ignorate! A quel modo si sarebbe intisichito sul libro mastro prima di raggiungere il suo scopo, prima di dar corpo al suo sogno. No, no; voleva respirare all'aperto, voleva farsi un nome; era un poeta, non era un mercante; era nato per l'arte e non per l'aritmetica!
La Ginevra facevasi attenta. Permettetemi ora che vi faccia un'altra domanda, continuava il Morone. Sapete voi chi si è maneggiato in tutto questo tempo, affinchè il Baglione fosse tratto a Roma, e a voi si desse finalmente il modo di respirare da tanta oppressione? Saperlo? non lo so; pure l'ho sospettato. Non era difficile; l'Elia Corvino vi deve aver detto qualche cosa.
Anna se la prese con Carmela, dicendo che le aveva guastato il marito, che non le voleva in casa perchè Graziella era più bella di lei; e mentre s'avventava contro la figliuola per batterla, entrò Giovanni, che, rivoltosi alla moglie, disse: Voi non siete degna di respirare l'aria che respira quest'angelo; voi mi avete abbandonato, essa mi ha assistito e m'ha salvato.
Ond'egli non fece che interpretare il pensiero di lei quando rispose: Che mi importa di loro? Nè io le intendo, nè esse intendono me. Esse vivono contente del loro stato, contente del mondo in cui nacquero; io no.... Ma, le poche volte che io posso avvicinarmi a Maria, mi par di respirare un'altr'aria, l'aria fatta pei miei polmoni.... Ma ella non mi ama.... oh non mi ama!
Gli si eran gonfiate le gambe, le mani, il volto; omai non usciva più, ed a stento ci riesciva di collocarlo in una poltrona per rifargli il letto. Era una poltrona lunga dove il malato stava disteso; e mentre io accomodavo il letto, Gualfardo apriva le finestre, poi spingeva lentamente la poltrona per far movere il babbo e fargli respirare un po' d'aria.
Troveremo qui abbasso il portier che ci aspetta. Non lo voglio: andiamo soli, Andreino. Ma io non conosco queste strade. Non fa nulla. Menami fuori, all'aperto, in una di queste vicine alture. Ho bisogno di respirare un'aria alta. Poi ti dirò quel che dovrai fare. Tu mi vuoi bene, Andreino: tu sei stato per me in questi giorni più che una sorella.
E noi? disse improvvisamente Tonina, come destandosi davanti al pericolo di rimanere nuovamente abbandonata. Nell'uscire entro la nuova carrozza da porta Mascherella parve loro di respirare un'aria più leggera.
Quando don Gregorio e Maria giunsero a vista del Palazzo, scorsero subito il duca d'Eleda: questi, veduta arrivare la carrozza vuota, aspettava ansioso presso il cancello. Mio Dio!... balbettò Maria con un brivido. Non le lasciavano nemmeno il tempo per respirare, per riflettere, per soffrire un po' sola, in pace... Coraggio, coraggio ripetè ancora don Gregorio, ma più a bassa voce.
Ah! la ricetta è questa? Sicuramente, questa sola: far intendere alla giovine sposa che tra lei e il suo padrone corre una distanza enorme, ma che questa distanza può sparire ogni tanto. Ah! così? Così, proprio. Insomma Gerolamo era sicuro del fatto suo. E il nome della tua innamorata me lo vuoi dire? Non lo so ancora! Ah! Giusto cominciò a respirare meglio. E il nome del babbo?
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