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Aggiornato: 21 maggio 2025
In tutto il contado pescarese, e a San Silvestro, a Fontanella, a San Rocco, perfino a Spoltore e nelle fattorie di Vallelonga oltre l’Alento e più specialmente nei piccoli borghi dei marinai presso la foce del fiume e in tutte quelle case di creta e di canne, dove si accende il fuoco con i rifiuti del mare, fiorisce da gran tempo la fama di un rapsodo cattolico che ha un nome di pirata barbaresco ed è cieco a simiglianza dell’antico Omero.
Rapsodo vagabondo, va dunque, le tue serenate cantando a le finestre d’anemica ruta infiorate: getta i tuoi vecchi ritmi ne’ trivii ove il popolo muore, così, come si getta sul fango del lastrico un fiore: Beethoven de la strada, un vento di turbine, un’onda d’oscura angoscia infrange talor la tua voce profonda.
O rapsòdo, se tu Mònos ti chiami, io son Una, son quella che tu vai fra terra e cielo in van cercando; e mai sinora ebbe piet
che a le donne, sedute coi bimbi rachitici al seno, dicon non so che sogno, non so che miraggio sereno. Rapsodo vagabondo, nel buio de’ freddi cortili getti, come d’incanto, l’effluvio de’ liberi aprili; Nina, Rosetta, Bice discendono a salti le scale, ansando un poco, smorte del lento terribile male
Parola Del Giorno
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