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e questo fu il nostro patrïarca; per che qual segue lui, com’ el comanda, discerner puoi che buone merce carca. Ma ’l suo pecuglio di nova vivanda è fatto ghiotto, ch’esser non puote che per diversi salti non si spanda; e quanto le sue pecore remote e vagabunde più da esso vanno, più tornano a l’ovil di latte vòte.

Dio, sono tanto attaccata alla terra adesso! Ti voglio anche qui, anche qui. Tu non puoi intendere, vedi, come ti amo. Mi spieghi Lei, amica mia, come si possono confondere nel cuore una tale angoscia e una tale dolcezza quali ne provai a un punto per le parole appassionate di Violet.

Sta bene!... Tu hai detta l'ultima parola del nostro colloquio... Non puoi più aggiunger nulla, io voglio più ascoltar nulla. E siccome ella trovavasi innanzi alla porta, egli fece un cenno imperioso perchè si levasse di . È tardi... ho gi

Sono certa che tutto ciò proviene da.... da colui che non vuoi che io nomini; e se non è così non dovresti aver nessuna ripugnanza a dirmi la ragione di quella tua melanconia che vorresti, ma non puoi nascondermi.

Tutto il mio essere si solleva contro quell'idea, essa mi ripugna come una colpa, ma non posso levarmela di mente e lo potessi ci ricadrei domani. Ti credo, ma non mi basta; tu non puoi darmi altre prove che i tuoi giuramenti, io non posso far tacere le atroci ironie del mio dubbio. Addio. Livia... Livia... non partire... studiati ancora di convincermi. Se ci lasciamo così tutto è finito.

E quando mi disse: Tu dovrai essere mio assiduo collaboratore; il critico letterario di «Nemesis», uno dei grandi dinamitardi della mia rassegna, scoppiai in una risata che lo confuse. Si rinfrancò subito. Oh, io non ti lascio prima di aver avuta la tua formale promessa.... So quel che vali, so quel che puoi.

43 Di levar lei di qui non ho consiglio che dar ti possa; e contentar ti puoi che ne la vita sua non è periglio: star

Di tutto questo, o caro lettore, lascio a te l'ulteriore considerazione. Io scendo dall'Ippogrifo; tu, se ti aggrada, puoi continuare la volata. Messo t'ho innanzi, omai per te ti ciba. Estratto dalla rivista Natura ed Arte, Anno XIX, n° 1,1° dicembre 1909

Lo credo, Marco, esclamò il conte rabbonito, tu mi sei affezionato e fedele, lo credo, ma ora non mi puoi far nulla. Ho l'inferno nel cuore, la confusione nella testa, sono malato. Ma di una malattia non incurabile signor conte: disse Marco moderando la voce, penso io a guarirla. Lei ha bisogno di cambiare un po' d'aria, d'abbandonare per esempio Milano e fare una gita al suo castello di Magenta.

E tu certo non puoi vantarti di non esserci entrata in buona parte. Ma è dunque vero, che è rovinato quel povero Enrico? sclamò Nan