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Allora a lui si para innanzi l'arcivescovo di Salerno, Alfano, e dice: Ed a me, monsignore, a me non dimandate voi perdono dell'avermi detto mentitore? A voi, messer arcivescovo, che ardiste dare del pazzo a nostra sorella, fiero risponde Gisulfo, a voi non solo non dimandiamo scusa, ma aggiungiamo che siete uno scimunito ubriaco.

Il giovane Ubaldini, come lo consiglia amore, si attenta solo a far testa agl'irrompenti cavalli, e ficca fino all'elsa la spada nel collo al primo che gli si para davanti; ma gli altri oltrepassando gli menarono due fendenti, uno dei quali gli spaccò il cranio, e l'altro gli recise la spalla; cosicchè ei cadde in terra per morto.

PANFAGO. Oimè, dottor, aiutami, che m'ha posto le mani alla gola e mi stringe cosí forte che mi strangola, che non potrò inghiottir mai piú intieri i ravioli! DOTTORE. Di nuovo è tornato a me. Panfago, dove fuggi? PANFAGO. Per trovar armi e amici. DOTTORE. Férmati, pazzo indemoniato, dove mi strascini? MANGONE. Tieni, para, Panfago, ché non ne scappi. PANFAGO. Non vo' impacciarmi con pazzi, io.

Garibaldi, si getta sulla via, colla sciabola sguainata, e osa intimar loro la resa; Missori imbraccia la carabina ed uccide il cavallo del comandante. Costui alza il fendente sul capo di Garibaldi, e l’Eroe para il colpo e taglia la gola al nemico.

DANTE. ¿Parecete cosa conveniente que yo ponga mano á las armas para reñir con un rapaz, con un mancebo? ¿no sabeis vos que no es costumbre los leones pelear con ratones, sino con animales feroces? ¡Ponedme á combatir con hombres bravos y vereis lo que sabré hacer! NARTICOFORO. Ecco il mio inimico! PANTALEONE spagnolo, GERASTO. PANTALEONE. ¿De manera que no sabeis como me llamo? GERASTO. Non io.

Sapete? quella scherma famosa con cui il fantaccino para tutti i colpi del cavaliere e finisce infallibilmente a buttarlo giù dall'arcione. S'intende che nei depositi di cavalleria s'insegnava in pari tempo al cavaliere la scherma di sciabola, per cui gli era dato di disarmare il fantaccino, facendogli saltare la baionetta dalla canna, infallibilmente, in tre colpi.

Mira, esclamò Giovanni bollente di entusiasmo, mira questo mare immenso che ci si para dinanzi: e dove più spazioso campo di questo? Mira (e mostrógli il piccolo naviglio di sua propriet

Schmidt isola la para dalla meta-globulina facendo passare una corrente di anidride carbonica nel sangue di cavallo, in cui essendosi aggiunto del solfato di sodio, in soluzione, per ritardar la coagulazione, siano precipitati i globuli ematici. Dopo alquanto tempo si hanno alcuni fiocchi che, separati colla filtrazione, tolgono al sangue la facolt

Mi vien quasi fatto di coprirlo come quando si para il lume con una mano, perché non lo veda ardere d’allegrezza. Ho quasi vergogna d’esser felice davanti a lei. Mi piacerebbe d’aver sempre gli occhi rossi arrivando e di poterle dire: «Sai, m’hanno fatto piangere, anche me». La Salvestra. Ma non piange mica. Magari piangesse! Lo dice anche il dottore.

Io sono il cavallone fragoroso e spumante: bene posso spezzarmi dentro gli scogli della sponda; ma prima travolgo, e annego tutto quanto mi si para dinanzi. Rispettate il vostro signore; cadetemi ai piedi, e adoratemi.