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SIMBOLO. Or non potrebbe esser che quella notte vostro fratello v'avesse ingannato? DON IGNAZIO. Non sai che dici. SIMBOLO. Dico cose possibili e dubbiose ancora. DON IGNAZIO. Non merita una sua pari le sia portato tanto rispetto. SIMBOLO. Considerate che nella sua famiglia si raccoglie tutta la nobiltá di Salerno, e facendo ingiuria ad uno macchiate molti.

Poi, per non esser la sua profession d'armi, vo' che ceda l'impeto dell'ira alla ragione e alla nobiltá della mia creanza: gli vo' far conoscere che son vero nobile, e cosí vo' vivere e morire, però non voglio competere altrimente con lui. TRINCA. Ah, capitan valoroso, cosí vi fate fuggire di mano un'occasion di farvi illustre? non saresti un pusillanimo, se schivaste un cosí onorato pericolo?

EROTICO. Io non posso altro rispondervi che, come signora e reina che mi sète, v'è lecito fare e dirmi ogni ingiuria che volete. Ma non son questi i frutti, che sperava dalla vostra gentilezza e dalla nobiltá dell'animo suo, che per ragion di mondo e per giustizia sète obligata di rendermi.

E l'uomo accorto nella necessitá de' pericoli deve accomodar l'animo suo alla prudenza; ma la nobiltá del vostro sangue dovrebbe destar in voi l'ardire e farvi caminar nel termine della modestia, soffrir e conservar voi stesso a piú liete speranze.

POLISENA. Quel gentiluomo poverello che ce la chiese l'altro giorno? E che val nobiltá senza denari? avete l'esempio in noi. EUFRANONE. Non l'indovinaresti mai. POLISENA. Dimmelo, marito mio, di grazia: non mi far cosí struggere di desiderio. EUFRANONE. Non vo' farti piú penare. Con don Ignazio di Mendozza. POLISENA. Quel nipote del viceré della provincia, che combatté quel giorno con i tori?

FORCA. Ed io pregherò Iddio che mai scompagni cosí bella coppia di sposi i quali, per etá, per nobiltá e costumi e bellezza, son degnissimi l'un dell'altro. Intanto, entrate in casa di Alessandro, e il passato pericolo vi renda assai piú cauti e diligenti: ché qui, di fuori, vi potrebbe vedere il dottore o Mangone o il padre istesso, e ad una tempesta se ne aggiongerebbe un'altra.

Io sono un cavaliere le dicea in questi fatti timido e pupillo; esule, posso dir, siccome Enea, ma d'una nobiltá, permesso è il dillo, che la casa Chiarmonte è una capanna, alla mia a petto, e un casolar di canna. Io son del gran casato di Vesuvio. La mia modestia, so, troppo s'avanza; ma vi potrei mostrar che pel diluvio, siccome gli altri, non ebbe mancanza. Ennio lodollo e l'esaltò Pacuvio.