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Aggiornato: 6 maggio 2025


Essa e le note al dramma, spesso spesso eccessivamente prolisse, dimostrano con quanta cura coscienza il Cavallotti si sia preparato a scrivere il suo lavoro. Ma prima di parlarne particolarmente, mi piace ripetere, intorno alla tesi generale di queste interpretazioni artistiche di un fatto storico, quel che scrivevo sedici anni fa a proposito della Sposa di Mènecle.

L'autor drammatico. Nessuno, certo, attende qui un'analisi ragionata di quell'opera complessa e varia, coronata di successi clamorosi, provocatrice di aspre battaglie, feconda di tante vive discussioni storiche e artistiche, nella quale dal dramma storico in versi, i «Pezzenti», il «Guido», l'«Agnese», dove la poesia e la fantasia predominavano e la storia non era che fondamento e facciata, Felice Cavallotti passò al grande dramma storico in prosa l'«Alcibiade» e i «Messenj» poggiato sopra una più minuta indagine del tempo e sopra un più profondo studio del vero, per trascorrere poi, con la «Sposa di Menecle», alla commedia intima di soggetto antico, e infine al moderno dramma psicologico, spingendosi fino all'idillio e al proverbio. Il cuore e la ragione insieme si ribellano oggi anche a una critica riverente. A noi basta rammentare che se neppur nel teatro non cercò nuove forme, attenendosi, come voleva la natura del suo ingegno, alla tradizione romantica, sulle traccie di Victor Hugo e dello Schiller, anche nel teatro portò il soffio della sua anima lirica, che tutto riscalda e vivifica, la santa fiamma dell'amor di patria e di libert

Nella Sposa di Mènecle i caratteri sono disegnati e coloriti con garbo. Quel po' di convenzionalismo che qua e l

Il Cavallotti dovea certamente sentire questa deficienza di forza creativa, se non ebbe mai il coraggio di affrontare su la scena la rappresentazione di un qualche alto fatto della vita moderna: se lui, così mescolato nelle agitazioni sociali, così penetrante indagatore della putredine parlamentare, così inesorabile censore di giornalisti affaristi, di ministri da lui creduti dilapidatori del pubblico danaro, osservatore e parte (quorum pars magna fuit) di commedie, di drammi e di tragedie contemporanei, si sia soltanto rifugiato presso i greci: e abbia preferito di dipingere i grandi quadri della splendida decadenza della repubblica ateniese, l'eroica guerra dei messeni su per le rocce del Dentelio o Deltanio che debba dirsi, e fra le gole di Ecalia, quando ha voluto uscire dai piccoli fatti, dalle piccole passioni; quando ha amato piuttosto farci sorridere e intenerirci coi casi familiari del vecchio Mènecle e della sua giovane sposa Aglae, che tentare il problema del divorzio nella societ

E infatti qui non c'è nota, non c'è richiamo di testo antico di sorta alcuna. Non occorrevano un testo di Alessandro e un altro di Euripide per giustificare questo dialogo: MÈNECLE. E un amico come te... CROBILO. Per tutti e dodici gli dei! Voglio credere!... MÈNECLE. Val più d'un tesoro. Nulla è più prezioso di un amico sicuro: ricchezze, regno.

Per questa ragione La sposa di Mènecle rimarr

L'Alcibiade, dopo la Sposa di Mènecle, è il lavoro del Cavallotti in cui si mostrano meglio certe sue qualit

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